domenica 4 gennaio 2015

Sinfonia d'autunno (Höstsonaten, 1978) di Ingmar Bergman

In un villaggio norvegese la matura Charlotte, famosa pianista, si reca a far visita alla figlia Eva ma non sa di trovare anche l’altra figlia, Helena, malata e da sempre in conflitto con la madre, severa ed egoista, che in passato l’ha “abbandonata” in una casa di cure. Il dialogo tra le due donne, carico di rancori e rimpianti, evocherà  fantasmi del passato impossibili da dimenticare. Sonata autunnale di impeccabile perfezione formale ed austero rigore introspettivo, che mette in scena, in forma di sofferto dialogo, tre solisti (le tre donne protagoniste) che si muovono su registri paralleli, senza possibilità d’incontro o di conciliazione. Ennesima perla del Maestro svedese in una delle sue forme espressive predilette, il dramma da camera al femminile, fedele alle connotazioni tipiche del suo cinema di ispirazione intimista: il conflitto psicologico, l’ incomunicabilità tra individui, i risentimenti traumatici, il difficile rapporto tra figli e genitori. Teso e maturo, asettico e intransigente, è una nuova lezione, di alto spessore tragico e non esente da manierismo, di dramma interiore, addirittura sublime nella sua essenzialità. E’ passato alla storia per l’incontro tra due leggende del cinema svedese: il regista Ingmar Bergman e la celebre attrice, omonima, Ingrid Bergman, alla sua ultima apparizione sul grande schermo ed alla sua prima collaborazione con l’autore, che non fu priva di “scintille”. Entrambi furono candidati all’Oscar per questa pellicola e per entrambi si trattò della settima nomination in carriera (poi il regista arrivò ac un totale di nove). Memorabile la scena in cui Charlotte esegue al piano il Preludio n. 2 di Chopin invitando, poi, la figlia Eva ad eseguirlo di nuovo, finendo per criticarne, sottilmente, l’esecuzione: un autentico compendio del cinema bergmaniano. Alcuni critici, con un’iperbole allegorica un po’ forzata, hanno voluto vedere nel film una sorta di autoriflessione psicoanalitica della madre, in cui le due figlie rappresentano il simbolo dei suoi fallimenti nella vita, quello umano e quello musicale. Straordinarie, come al solito, le interpretazioni delle attrici (la Bergman giganteggia ma la “fedelissima” Liv Ullmann le tiene testa) e l’immancabile fotografia di Sven Nykvist.

Voto:
voto: 4,5/5

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