In un lontano futuro l'universo è diviso in un sistema planetario feudale, con un imperatore sovrano assoluto ed una serie di potenti casate nemiche che tirano avanti, tra ipocrisie e tradimenti, sempre sull'orlo di una fragile tregua. Due tra queste, i nobili Atreides e i crudeli Harkonnen, si contendono il controllo del pianeta desertico Arrakis, detto anche Dune, un luogo selvaggio e inospitale dove abbonda la Spezia, la più preziosa sostanza conosciuta, una specie di polvere sacra per i nativi del luogo, i misteriosi Fremen, dotata di grandi poteri e insostituibile fonte energetica che consente di compiere viaggi interstellari. L'imperatore decide di ritirare i dominatori Harkonnen da Arrakis e di affidare la gestione del pianeta (e l'estrazione della Spezia) agli Atreides. Tra questi il futuro erede al comando, il giovane duca Paul, avverte una strana connessione spirituale con Dune, pur non essendoci mai stato, attraverso sogni, visioni, premonizioni, turbamenti. Quando sbarca sul pianeta insieme al suo popolo, sono in molti a credere che lui possa essere il Kwisatz Haderach, l'eletto messianico che i Fremen aspettano da sempre e che, secondo un'antica profezia, verrà a guidarli nella liberazione dell'universo da ogni forma di oppressione. Questo kolossal di fantascienza di Denis Villeneuve, a lungo atteso e fonte di grosse aspettative, è un nuovo adattamento per il cinema dei romanzi di Frank Herbert del ciclo di Dune, dopo quello, famoso, controverso e divisivo, di David Lynch del 1984. Più che parlare di remake, è più appropriato usare la parola reboot, perchè è proprio di questo si tratta. Con un approccio coraggioso, maturo e per molti versi ammirevole, Denis Villeneuve ha scelto la strada della puntigliosa fedeltà al capolavoro letterario ispiratore, dilatando i tempi, aumentando i dettagli e preferendo la precisione del racconto alla spettacolarità hollywoodiana o alle scene di azione. E' indubbio che questo modus operandi, più autoriale che commerciale, renda felici tutti i fans del libro ma, di contro, aumenti enormemente i rischi di flop al botteghino. Inizialmente concepito da Villeneuve come un unico film-fiume di circa 6 ore, è stato poi, per ovvi motivi, spezzato in due film (di cui questa è soltanto la prima parte). Ma, per questioni di budget, la seconda parte non è stata ancora girata e la sua realizzazione è, purtroppo, legata all'esito economico della prima. Essendo un'opera "monca" non è facile riuscirne a dare un giudizio esaustivo, infatti l'ideale sarebbe attendere e valutare il progetto complessivo, se mai il prossimo capitolo vedrà la luce. Dei meriti abbiamo già detto, e a questi va aggiunta la sontuosa bellezza di molti scenari e la scelta di utilizzare effetti speciali misurati e non debordanti. Quello che però latita è la componente spirituale, il misticismo, il guizzo poetico, la potente anima ancestrale del pianeta Dune e delle sue antiche credenze. Tutto si mantiene su un tono tiepido e poco coinvolgente dal punto di vista emotivo. E lo stesso discorso si può fare sui personaggi, che sono numerosi, ma nessuno riesce davvero a colpire nel segno, a catturare l'immaginazione, a rimanere impresso. Ogni cosa sembra muoversi su binari di minuziosa ricostruzione, palpabile rispetto per la materia ma con poca empatia e molta freddezza. Va anche riconosciuto che oggi, con un pubblico smaliziato, assuefatto e preparato, che ha visto praticamente "tutto", è difficilissimo riuscire ancora a stupire, a creare mondi che sappiano nuovamente accendere la fantasia collettiva dopo i tanti capolavori visionari a cui abbiamo assistito nel corso dei decenni. Nel grande cast corale, che annovera attori come Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Josh Brolin, Stellan Skarsgård, Charlotte Rampling, Javier Bardem, Jason Momoa e Zendaya, tutti fanno il loro compito, ma nessuno brilla al di sopra della media. La mancanza di ferocia nei duelli, probabilmente una scelta imposta dalla produzione per non incappare in divieti (che risulterebbero commercialmente catastrofici in periodo di pandemia covid-19), è un altro punto a sfavore. Come già detto: giudizio da rivedere e completare dopo l'uscita del secondo capitolo, per la cui realizzazione, ovviamente, tutti facciamo il tifo.
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