sabato 18 settembre 2021

The Paperboy (2012) di Lee Daniels

Florida, 1969. Due giornalisti del Miami Times, Ward Jansen e Yardley Acheman, si recano in una piccola cittadina di provincia (in cui Ward è nato) su richiesta della bionda Charlotte, una donna bella e disinvolta, che ha una fissa per i detenuti e che si è innamorata per lettera di uno di questi, Hillary Van Wetter, recluso nel braccio della morte in attesa di esecuzione. Wetter è stato condannato per l'omicidio di uno sceriffo violento e razzista, ma le prove trovate contro di lui non risultano schiaccianti. La focosa Charlotte, erotomane aggressiva ed esibizionista, intende far riaprire il caso per salvare l'uomo di cui si è invaghita a distanza. Il giovane Jack, fratello minore di Ward, ingenuo fattorino che consegna i giornali porta a porta, si unisce al gruppo e perde immediatamente la testa per la procace Charlotte, che inizia a provocarlo maliziosamente. Dal romanzo "Un affare di famiglia" di Pete Dexter, il regista Lee Daniels ha tratto un torbido thriller a tinte forti, solare nelle ambientazioni, vivido nella colorata impaginazione estetica, ma profondamente oscuro nei contenuti, a base di violenza, sesso, razzismo e degrado morale. L'idea alla base del film (ereditata dal racconto ispiratore) era quella di tracciare un cupo affresco ambientale della provincia americana di fine anni '60, un periodo cruciale per la storia del paese, percorso da scandali politici, tensioni razziali, lotte per i diritti civili, movimenti pacifisti, orrendi crimini di cronaca nera e, ovviamente, la questione spinosa della "sporca guerra" in Vietnam. Peccato che tutto questo manchi del tutto in questo film truce ed effettistico, programmaticamente "sporco" e scandaloso, ma in maniera così artificiosa da risultare sgradevole, trash o pateticamente ridicolo. Gli eccessi di scene erotiche (con una Nicole Kidman scatenata nel ruolo di una "Barbie" ninfomane di famelica esuberanza) e di sanguinose brutalità appaiono strumentali, forzati e fini a sè stessi. Una maniera becera di attirare l'attenzione grossolanamente per coprire le magagne di una sceneggiature flebile, inconsistente e del tutto priva di spessore critico nei confronti della società del tempo. E' difficile capire il motivo per cui attori così bravi e famosi (Matthew McConaughey, Nicole Kidman, John Cusack, Scott Glenn) abbiano preso parte ad un pasticcio così imbarazzante, tra l'altro in ruoli scomodi e del tutto atipici per i loro standard abituali. Si è già detto della Kidman, ma anche Cusack interpreta un personaggio altrettanto estremo. Il belloccio Zac Efron appare invece a suo agio nei panni di un ragazzo spaesato e manipolato, che sembra non capire dove si trovi (un tipo di recitazione che, probabilmente, gli viene naturale). L'abuso di primi piani morbosi o fotogenici e l'utilizzo stravagante di funambolismi tecnici come lo split screen, appaiono non solo fuori luogo ma addirittura maldestri nell'ammettere implicitamente il fine voyeuristico dell'opera.

Voto:
voto: 2/5

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