mercoledì 22 settembre 2021

Lettere da Iwo Jima (Letters from Iwo Jima, 2006) di Clint Eastwood

Questo "gemello" a specchio del precedente Flags of Our Fathers (2006) ne chiude e completa il cerchio narrativo, raccontando (di nuovo) la battaglia di Iwo Jima del 1945, tappa cruciale della guerra nel Pacifico, ma stavolta dal punto di vista degli sconfitti giapponesi. E' legittimo pensare ai due film insieme (usciti in sala a pochi mesi di distanza) come un unico corpo epico malinconico, di tagliente nitidezza e di struggente intensità, che riflette amaramente sulla tragica insensatezza della guerra, da un punto di vista umanistico prima che ideologico, e che il grande regista di San Francisco ha voluto pudicamente dedicare a tutte le vittime, a prescindere da razza, fede o bandiera. Questo secondo atto, ancora più intimistico, possente, pacificato, lirico ed evocativo del primo, è tratto dalla raccolta "Picture Letters from Commander in Chief" del generale Tadamichi Kuribayashi e prende ispirazione dalle centinaia di lettere, scritte dai soldati giapponesi rinchiusi nei bunker fortificati dell'isola durante i 35 giorni dell'assedio americano e mai spedite. Queste lettere, commoventi memorie di giovani vite sacrificate sull'altare bellico, vennero ritrovate molto tempo dopo la fine della battaglia nell'opera antologica realizzata da Kuribayashi durante le pause del conflitto. Ciò che nel primo film era simboleggiato dalla bandiera e dallo scatto fotografico che l'ha immortalata, viene adesso sostituito dalle missive mai inviate, rendendo la pellicola meno polemica ma più addolorata, con un potente messaggio anti-bellico che va ben oltre la politica e guarda all'etica, puntando direttamente ai valori umani, al bene supremo che la vita di ogni uomo rappresenta. Attraverso il racconto della vicenda del generale Kuribayashi (comandante in capo delle truppe nipponiche di Iwo Jima e poi autore del testo epistolare ispiratore del film), del suo tentativo disperato di difendere l'isola dall'attacco americano e del suo rapporto paterno con il cambusiere Saigo, Eastwood riflette, senza enfasi ma con coerenza, sull'orrore della guerra e sul senso profondo del patriottismo, analizzandone tutte le drammatiche contraddizioni e mettendone a nudo il lato in ombra. La fortezza sotterranea di Iwo Jima, un labirinto di quasi 20 chilometri di tunnel scavati nella pancia del vulcano Suribachi, diventa il teatro di una grande tragedia universale, innanzi tutto psico-emotiva: il conflitto interiore dei soldati fatalmente condannati a morte, combattuti tra il senso patriottico e l'onore militare e la loro voglia di vivere, di tornare a casa, il loro lato sentimentale rappresentato da quelle madri, quelle sorelle, quelle ragazze o quei sogni a cui tutti si rivolgono con infinita dolcezza nelle loro lettere mai spedite. Quasi tutto è straordinario in questo capolavoro bellico-spirituale di Clint Eastwood: la desaturazione della fotografia per ottenere un colore "in bianco e nero", l'espressivo montaggio del sonoro (premiato con l'Oscar), l'interpretazione di Ken Watanabe nel ruolo del generale Kuribayashi, il lunare senso poetico che accompagna molte sequenze, la sceneggiatura granitica di Iris Yamashita, l'altissimo valore morale dell'opera (senza mai abusare di retorica gratuita) e, last but not least, la regia solida e sobria del grande regista californiano. Il film è stato girato interamente in giapponese e, per volere esplicito dei produttori (tra cui figurano anche Clint Eastwood e Steven Spielberg ) venne distribuito nelle sale in lingua originale con i sottotitoli (anche in Italia). Solo nella versione home video, uscita nei mesi successivi, è presente anche la traccia audio con il doppiaggio italiano.
 
Voto:
voto: 4,5/5

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