martedì 21 settembre 2021

Stoker (2013) di Park Chan-Wook

In una grande e isolata tenuta di campagna vivono gli Stoker, un'agiata famiglia dell'alta borghesia del sud degli Stati Uniti. Il giorno del 18-esimo compleanno della figlia India, suo padre Richard muore in un tragico incidente stradale. La ragazza piomba in uno stato di introversa chiusura, aumentata dal fatto che sua madre Evelyn, con cui il legame non è mai stato cristallino, non sembra particolarmente colpita dal lutto. L'arrivo improvviso di zio Charlie, affascinante giovane fratello del defunto di cui India ignorava l'esistenza, rompe gli equilibri familiari e dà inizio ad un pericoloso gioco turbolento tra le due donne, entrambe attratte dall'uomo, il cui atteggiamento ambiguamente ammiccante sembra nascondere qualche segreto. Il nono lungometraggio del coreano Park Chan-Wook, qui al suo primo film di produzione americana girato in lingua inglese, è un tetro e tagliente psico-thriller a sfondo erotico, con atmosfere da mistery e sfumature horror. E' un'opera elegante e impeccabile, curata in ogni aspetto visivo e densa di sfaccettature psicologiche, echi hitchcockiani, pulsioni sessuali, misteri occulti, sottotesti inquietanti, oscure tensioni che strisciano sotto pelle pronte ad esplodere da un momento all'altro. Il titolo, e il cognome della famiglia, sono un omaggio esplicito a Bram Stoker, autore letterario di "Dracula". E il regista riempie il suo film di elementi metaforicamente collegabili al (o sostitutivi del) vampirismo, qui simboleggiato dal famelico desiderio erotico che tormenta la giovane protagonista, una giovane ansiosa di sbocciare, di liberarsi e di esteriorizzare il fuoco che sente bruciare nel suo animo. La sessualità, impetuosa e rigogliosa, appare qui come il mezzo necessario al passaggio cruciale dall'adolescenza acerba e tempestosa all'età adulta, e la sua travolgente carica vitale assume quasi una forma rituale, assoluta, iconoclasta. Gli inserti di perfido umorismo nero, invero non tutti pertinenti e riusciti, conferiscono all'opera una luce di lugubre affresco grottesco di chiara valenza metaforica, in cui tutto potrebbe accadere o cambiare da un momento all'altro. Il notevole finale ad effetto raggiunge il climax della narrazione ed è perfettamente coerente con la poetica dell'autore, per la gioia di tutti i suoi fans che in esso potranno chiaramente riconoscerne lo stile. Nel cast, che annovera Mia Wasikowska, Matthew Goode, Nicole Kidman, Dermot Mulroney, svettano nettamente i primi due: la perfetta incarnazione di ciò che i loro personaggi rappresentano. La Wasikowska si conferma talento purissimo emergente, da seguire con attenzione. Più sottotono la Kidman, che aveva comunque il personaggio meno interessante e più patetico.

Voto:
voto: 3,5/5

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