giovedì 9 settembre 2021

La sindrome di Stendhal (1996) di Dario Argento

Anna Manni, poliziotta romana sulle tracce di un maniaco che stupra e uccide le donne, giunge alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Davanti ad un dipinto di Bruegel la donna sviene, colpita dalla sindrome di Stendhal (l'affezione psicosomatica che causa disturbi fisici ed emotivi in presenza di capolavori artistici di grande bellezza). Al suo risveglio si ritrova nelle mani del killer, che l'ha imprigionata e inizia con lei un perverso "gioco" di abusi e sevizie. Morboso thriller psicologico di Dario Argento, scritto dal regista insieme a Franco Ferrini, liberamente ispirato ad un libro della psicoanalista Graziella Magherini e interpretato da sua figlia Asia, qui impegnata in un ruolo sofferto e complesso. E' un film contorto, efferato, sadico, ora noioso ora sgradevole, in cui l'idea di partenza (non malvagia, anche se non originale) sull'oscuro rapporto che a volte s'instaura tra vittima e carnefice viene sprecata da una sceneggiatura sbrindellata, da una messa in scena greve, da un truce effettismo violento, da una recitazione farlocca e da soluzioni visive che lasciano perplessi, anche per l'ausilio di maldestri effetti speciali in computer grafica. Alcuni hanno visto in questa pellicola un antesignano del così detto "torture-porn", che prenderà piede nella seconda metà del primo decennio degli anni 2000. In un primo momento il film doveva essere girato e ambientato in America, con un cast internazionale e Bridget Fonda nel ruolo della protagonista. Poi, sia per motivi di budget sia per repentini cambiamenti del punto di vista artistico, Argento fece dietro front e sconvolse tutti i piani iniziali, modificando totalmente cast e location. La Fonda se la prese a male e litigò pesantemente con l'autore, mettendo fine ad ogni rapporto professionale con lui (anche perchè Argento, in una inelegante caduta di stile, durante un'intervista pubblica definì l'attrice americana una "pupattola" non adatta al tipo di recitazione nervosa e spontanea che lui desiderava). Da salvare le musiche raffinate ed evocative di Ennio Morricone, qui giunto alla quarta delle sue cinque complessive collaborazioni con il regista romano.
 
Voto:
voto: 2/5

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