giovedì 9 settembre 2021

I racconti di Canterbury (1972) di Pier Paolo Pasolini

Durante il tragitto di un pellegrinaggio verso Canterbury, per rendere omaggio al sepolcro dell'arcivescovo Thomas Beckett, il poeta Geoffrey Chaucer intrattiene i compagni di viaggio raccontando delle storie a sfondo erotico umoristico, contenenti anche una serie di aneddoti sulla vita. Questo libero adattamento della più celebre (ma incompiuta) opera dello scrittore medioevale Geoffrey Chaucer eseguito da Pier Paolo Pasolini, è il secondo capitolo della sua "trilogia della vita", dopo il precedente Il Decameron del 1971. Scritto, diretto e interpretato dal regista poeta (che ha riservato per sè stesso il ruolo di Chaucer, l'ideale narratore del racconto per immagini) è diviso in un prologo, un epilogo, 3 intermezzi e 8 capitoli, corrispondenti a 8 delle 24 novelle complessive della raccolta letteraria che Pasolini ha scelto di trasporre sul grande schermo (in alcuni casi con molta fedeltà e in altri con una serie di cambiamenti e invenzioni). E' un film discontinuo e meno ispirato del precedente, che procede tra alti e bassi, momenti di sublime spessore figurativo e scurrili cadute di stile, in continua alternanza tra la farsa grottesca, la poesia eterea e la provocazione licenziosa (in certi casi in odore di effettismo gratuito). I principali problemi sono di natura concettuale e derivano dalla diversa sensibilità dei due autori a confronto (Chaucer e Pasolini): il primo era naturalmente dotato di una gioiosa e sfacciata vena spiritosa che traspare chiaramente dai suoi scritti. Invece il secondo è più incline alla cupezza problematica, alla provocazione scandalosa di natura politica più che morale e la sua ironia si materializza in un ghigno più che in un sorriso. Nel cast corale compaiono tutti i fedelissimi dell'autore: Ninetto Davoli, Laura Betti, Franco Citti e poi Hugh Griffith, Josephine Chaplin, Alan Webb. Il film fu presentato in anteprima al Festival di Berlino nella sua versione integrale di 142 minuti e venne premiato con l'Orso d'Oro da una giuria entusiasta. Alla sua uscita italiana, due mesi dopo, venne immediatamente sequestrato per oscenità (come da prassi per il regista) e poi distribuito con pesanti tagli di censura, in una release di 110 minuti ed un divieto ai minori di 18 anni. Anche in questo caso Pasolini e il produttore Alberto Grimaldi dovettero difendersi in tribunale prima di rivedere la pellicola di nuovo circolante nelle sale cinematografiche.
 
Voto:
voto: 3,5/5

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