giovedì 16 settembre 2021

Gli abbracci spezzati (Los abrazos rotos, 2009) di Pedro Almodóvar

Mateo Blanco è stato un famoso regista. A causa di un grave incidente stradale ha perso la vista e si è dato alla scrittura di libri e di sceneggiature, utilizzando lo pseudonimo di Harry Caine. Viene costantemente assistito da Judit, la sua produttrice, e da suo figlio Diego, dattilografo e guida per ciechi. Un giorno un cineasta che si fa chiamare Ray-X fa visita a Mateo e gli chiede di realizzare insieme un film ispirato a suo padre, un uomo molto potente che lui ha sempre disprezzato. Mateo rifiuta ma, ascoltando le parole dell'uomo, lo riconosce e il racconto gli riporta alla memoria il suo doloroso passato. Di fronte alla curiosità di Diego, Mateo decide di raccontargli di Magdalena e della grande storia d'amore che ha vissuto con lei. Il 18-esimo lungometraggio di Pedro Almodóvar è un melodramma algido e malinconico sul tema del doppio, che ricorre in maniera geometrica a diversi livelli, tra metacinema, atmosfere noir, stile classico, inserti grotteschi, allegorie sui meccanismi del potere e suggestioni nostalgiche che guardano, con tono dolce-amaro, al passato. Il valore della memoria rispetto all'immagine è un altro degli elementi portanti dell'opera e, in tal senso, il limite fisico del protagonista, che non può più vedere attraverso gli occhi, diventa il simbolo fertile di questo concetto: il ricordo assume la valenza di uno sguardo interiore, che è prima cinematografico e poi sentimentale. La carica goliardica e pittoresca dei film del passato sembra adesso un lontano ricordo, ha lasciato il posto al rigore della saggezza e ad una disincantata nostalgia, tipica di chi ha vissuto la vita a morsi e con grande intensità. Non è un'opera lamentosa ma a tratti accademica, fieramente colta, che procede a lampi e balzi tra sequenze magiche ed esercizi di stile, a volte eccessivamente fredda, ma pronta a risollevarsi in un attimo, a spiccare il volo e a sorprenderti, secondo lo stile dell'autore. Nel cast svettano Blanca Portillo e Penélope Cruz, musa del regista manchego, che qui appare anche in una insolita veste bionda. Più compassati gli interpreti maschili: Lluís Homar, José Luis Gómez e Rubén Ochandiano. Tra le varie citazioni presenti nella pellicola c'è n'è anche una autoreferenziale: il film Chicas y maletas che i personaggi stanno girando, è una chiara parodia di Donne sull'orlo di una crisi di nervi (Mujeres al borde de un ataque de nervios, 1988). Il titolo è stato ispirato da una scena di Viaggio in Italia (1954) di Roberto Rossellini, che Mateo e Magdalena guardano in televisione, in cui appaiono due corpi abbracciati sorpresi dalla lava (e bloccati eternamente in quel gesto d'amore) all'interno degli scavi archeologici di Pompei.

Voto:
voto: 3,5/5

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