mercoledì 22 settembre 2021

L'arte di vincere (Moneyball, 2011) di Bennett Miller

Billy Beane è l'esperto manager degli Oakland Athletics, una squadra di baseball californiana, che ottiene dei buoni risultati sportivi ma non può competere con i grandi squadroni delle metropoli, che dispongono di un budget molto più elevato e possono permettersi di ingaggiare ogni anno i migliori campioni. Dopo un'ottima stagione conclusa con una bruciante sconfitta, Beane deve rassegnarsi all'idea di vedere andar via i tre migliori elementi del team, attratti dalle allettanti offerte economiche delle squadre più potenti, contro cui è impossibile competere. Con gli esigui fondi a disposizione, Beane si rende conto che è impossibile rimpiazzare i partenti con giocatori di pari valore e si rassegna ad una nuova stagione sportiva molto deludente. L'incontro con il giovane Peter Brand, ambizioso laureato in economia dalle idee visionarie, gli riaccende la speranza. Mettendosi contro tutti, il manager decide di seguire le teorie del brillante studioso e costruire la sua nuova squadra utilizzando metodi innovativi, mai usati prima da nessun altro. Questo solido dramma biografico sportivo di Bennett Millerm, scritto sapientemente da Steven Zaillian e Aaron Sorkin, è tratto dal libro "Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game" di Michael Lewis, ispirato alle vicende reali degli Oakland Athletics e del loro team manager Billy Beane. E' un film sul baseball, che in America è lo sport nazionale ma in Europa gode di scarso seguito e risulta mediamente poco comprensibile per la maggioranza del pubblico, a causa del labile interesse. Al di là di questa premessa la pellicola è densa e interessante, a tratti addirittura appassionante nonostante i molti dialoghi e la lunghezza non banale, costruita con rigore impeccabile e diretta con asciutta misura e stile classico, con personaggi convincenti e ben delineati e una tensione drammaturgica di tesa agilità. Bravissimi gli attori del cast di grande spessore (che annovera nomi come Brad Pitt, Jonah Hill, Philip Seymour Hoffman, Robin Wright, Chris Pratt), con Pitt e Hill mattatori assoluti e al meglio delle proprie possibilità espressive. Al di là degli aspetti tecnici e sportivi, che contano ma non in maniera assolutistica, il cuore dell'opera risiede in un concetto di valenza anche "politica": una squadra di elementi in cui non non eccelle il singolo ma il metodo e l'organizzazione, con tutti i componenti che si adoperano con dedizione e professionalità per metterli in atto, può risultare più vincente di una squadra composta da grandi stelle, che ragiona per individualità. Ovviamente non è affatto un'idea nuova, la teoria del gioco di squadra con 11 "brocchi" organizzati e determinati che battono 11 "campioni" egoisti esiste fin dai tempi del calcio totale olandese (giusto per utilizzare un analogo esempio di natura calcistica), ma è originale il metodo di selezione degli uomini ideato da Peter Brand, fondato su rilievi statistici e parametri numerici. Il personaggio di Beane, uno sconfitto tenace, deluso ma indomito, che non accetta la sua condizione e lotta per cambiare le regole di un sistema che ritiene fossilizzato solo sugli interessi dei più potenti, è di grande spessore, accattivante nei suoi contrasti tra sicurezza e fragilità, non un eroe ma un combattente coraggioso e anticonformista, ricco di sfumature e capace di arrivare facilmente al pubblico di ogni latitudine perchè possiede motivazioni, frustrazioni e sentimenti di carattere universale, che vanno bene al di là dello specifico mondo del baseball. Negli USA il film ha avuto un buon successo e 6 nomination "pesanti" agli Oscar (tra cui miglior film, migliore sceneggiatura, Brad Pitt e Jonah Hill), mentre nel nostro paese è passato praticamente inosservato. Consigliato agli amanti del cinema classico, basato su una scrittura solida, una regia invisibile ma competente e una valida squadra di attori in grande spolvero.
 
Voto:
voto: 3,5/5

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