Dal romanzo omonimo di Walter Van Tilburg Clark. Nevada, 1885: in un piccolo villaggio un allevatore irlandese scompare e tutti sospettano di un omicidio a scopo di rapina. Tre vagabondi messicani vengono catturati e ritenuti subito colpevoli dopo un processo sommario da parte della popolazione inferocita, sobillata da un presunto ufficiale e da una vecchia megera, che ne annebbiano le capacità di giudizio e non prestano fede alle dichiarazioni di innocenza da parte degli accusati. Questo western a sfondo sociale, cupo, solido, rigoroso e civilmente impegnato, è uno dei film "dimenticati" di William A. Wellman (quasi sconosciuto anche dai cinefili), che meriterebbe la giusta rivalutazione. Il grande regista fece di necessità virtù e, a causa del budget misero stanziato dalla Fox che non credeva nel progetto, decise di giralo tutto in interni, aumentando così a dismisura il pathos angosciante e facendone un accorato dramma "da camera", dallo stile quasi teatrale, contro il giustizialismo, la xenofobia e la spietata legge dell'occhio per occhio che è parte integrante della cultura americana di frontiera. Il suo lucido e spietato discorso morale, che non fa una grinza ed è declinato con implacabile suspense narrativa, causò un notevole spiazzamento ideologico nel pubblico dell'epoca (il film uscì nelle sale americane durante la seconda guerra mondiale e quindi in piena campagna d'odio contro i giapponesi), rendendolo immediatamente un'opera importante, vibrante e inevitabilmente "scomoda". Il linciaggio fisico di cui si parla nella trama si sovrappose, inevitabilmente, a quello concettuale che l'opinione pubblica alimentava contro il "nemico asiatico" e le menti più fini e colte non poterono fare a meno di rifletterci guardando la pellicola, con le dovute considerazioni del caso. E' anche un western storicamente fondamentale nella sua originalità, un isolato precursore che anticipa di circa 20 anni le operazioni di demitizzazione della figura del cowboy e di incupimento delle atmosfere, che saranno poi totalmente attuate dal successivo revisionismo di Peckinpah e Leone. Nel cast svetta un intenso Henry Fonda, accompagnato da Dana Andrews, Mary Beth Hughes e Anthony Quinn. Il film ottenne la nomination agli Oscar come miglior film (in quell'anno estesa ad 8 titoli), ma dovette arrendersi al leggendario Casablanca di Michael Curtiz.
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