Alfonso, borghese di mezza età che svolge con successo l'attività di venditore di automobili, decide di prender moglie e punta le sue attenzioni sulla bella Regina, ragazza illibata, riservata e con saldi principi religiosi. Ma dopo il matrimonio la donna si trasforma in una famelica erotomane e, spinta dall'ossessione di mettere subito al mondo un figlio, costringe Alfonso agli "straordinari" sotto le lenzuola, finendo per sfiancarlo. Una volta ottenuto il suo scopo si dedicherà esclusivamente al nascituro abbandonando il marito, triste e deperito, al proprio destino. Il primo lungometraggio italiano di Marco Ferreri, dopo tre pellicole girate in Spagna, è una strepitosa commedia grottesca dai toni surreali, sotto forma di velenosa satira sociale sulla famiglia, sul matrimonio e sull'ipocrisia cattolico-perbenista tipica della borghesia italiana. E' un film agile, divertente, paradossale e a suo modo spietato nella sua tesi sarcastica, declinata sotto forma di irriverenti metafore, che minano alla base le "intoccabili" istituzioni della società italiana. Fin dal titolo (pregnante e accattivante nella sua forma originale) è evidente l'impianto allegorico canzonatorio messo in scena dall'autore, che paragona il ruolo del maschio a quello del fuco e la femmina, centro assoluto dell'alveare e quindi del modello collettivo, all'ape regina. Il film offre molti spunti di riflessione e si apre a più chiavi di lettura, utilizzando lo strumento dell'ironia caustica per gettare ombre minacciose sul futuro della società italiana, in cui i rapidi cambiamenti economici, ideologici e di costume (non supportati da una pari crescita culturale e morale) avevano messo in profonda crisi la vita di coppia, rivelando la fragilità utopistica dei "dogmi" ereditati dal retaggio patriarcale e dalle asfissianti restrizioni religiose. Una fragilità che appare ancora più evidente alla luce della nuova emancipazione femminile, rispetto a cui il più tardo universo maschile non riesce a sintonizzarsi se non al prezzo di ostilità, incomprensioni, smarrimenti e reazioni estreme di stampo maschilistico. Alla sua uscita il film fu uno scandalo enorme e finì sotto gli strali della censura che accusò il regista di contenuti anticattolici e pericolosamente osceni, bloccandone la distribuzione in sala. Ferreri dovette, suo malgrado, scendere a patti pur di sbloccare la pellicola, effettuando diversi cambiamenti: tagli, dialoghi modificati, scene cambiate, più un'epigrafe iniziale che lodava i "solidi e immutabili principi della morale e della religione". Persino il titolo, che inizialmente era il perfetto L'ape regina, venne mutato anteponendovi la frase "Una storia moderna", tutto allo scopo di ammorbidire l'impatto concettuale dell'opera sul pubblico. Nonostante tutto questo, regista e produttore subirono anche un processo personale a loro carico, dal quale uscirono assolti dai "reati" più gravi, ma dovettero pagare una penale economica per diffusione di materiale "indecente" e contrario al "buon costume". I due attori protagonisti furono entrambi premiati nelle più evolute e liberali rassegne cinematografiche europee: Nastro d'Argento per Ugo Tognazzi e premio alla miglior attrice per Marina Vlady al Festival di Cannes. Al suo primo film italiano Marco Ferreri si rivelò subito come autore controverso, indipendente, tagliante e fieramente nichilista.
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