Storia di Piera, dall'infanzia all'età adulta, alla prese con una famiglia disastrata: una madre ninfomane e infantile, che vive allegramente assecondando i suoi voraci istinti sessuali, ed un padre inetto, succube dell'amore che prova per lei e delle inevitabili umiliazioni che è costretto ad accettare. Profondamente segnata da queste esperienze, Piera, che vive un rapporto di amore-odio con la madre, ha una vita sentimentale difficile ed è indecisa sulla sua identità sessuale. Da adulta diventa attrice di teatro e, quando prova a riavvicinarsi ai suoi, li trova internati in un manicomio. Dallo "scandaloso" libro omonimo di Piera Degli Esposti e Dacia Maraini, il regista Marco Ferreri ha tratto un dramma familiare malinconico e rarefatto, meno provocatorio rispetto agli standard dell'autore, che sceglie di relegare tutti gli aspetti "scabrosi" del romanzo allo straordinario personaggio di Eugenia (madre di Piera, con evidenti echi di ispirazione alla Medea della tragedia greca). E' lei il cuore pulsante del film, una donna esagerata e istintiva, un vulcano di pulsioni e insaziabile voglia di vivere, egoista, a volte crudele, ma anche dolcemente amabile in diversi passaggi. Un personaggio vero, ambiguo e complesso, magistralmente interpretato da Hanna Schygulla, premiata per l'occasione con il Prix d'interprétation féminine al Festival di Cannes. Una donna così instabile e irregolare viene inevitabilmente catalogata come "pazza" dal conformismo della società, e, quindi, internata in una clinica psichiatrica e sottoposta a drastiche "cure" con elettroshock nel tentativo di arginarne la personalità prorompente e non omologata. E' qui che Ferreri dà fondo al suo acido sarcasmo antiborghese, mostrandoci i terribili effetti della "riabilitazione" imposta agli spiriti ribelli dal perbenismo collettivo. Piera è invece il metronomo della pellicola, la figura che cerca costantemente di equilibrare le sue paure inconsce, i suoi traumi infantili e il suo rapporto conflittuale con una madre debordante, raccordandole con le sue aspirazioni di vita e di costruzione di un futuro che sappia condurla al di là del suo tormentato retaggio. Interpretata da una fuoriclasse della recitazione come Isabelle Huppert, bisogna riconoscere che, vuoi per una scrittura del personaggio più convenzionale, vuoi per la performance grandiosa della Schygulla che finisce per adombrare tutto il resto e vuoi per uno straniante doppiaggio italiano (che assegna alla Huppert una voce inconfondibile come quella di Laura Morante), l'attrice francese appare meno incisiva rispetto ai suoi abituali standard. Il personaggio maschile, decadente, pavido, inadeguato e volutamente in sordina rispetto alle controparti femminili, sta forse un po' stretto ad un grande attore come Marcello Mastroianni, che, pur nei limiti imposti dalla sceneggiatura, riesce comunque a regalarci lampi di classe in qualche intensa sequenza (memorabile, in tal senso, quella del "quasi incesto"). In definitiva Storia di Piera non cede alla tentazione dello scandalo programmatico, ma si rivela una sorta di analisi radiografica di un'umanità fragile e sbandata, che antepone i desideri e le passioni ai modelli sociali. Lo stile registico è totalmente anti-drammatico e anti-naturalistico, e sceglie la via di una surreale sospensione simbolica, ponendo al centro della sua attenzione il conflitto tra istinto e società, connotandolo, inevitabilmente, di sfumature politiche.
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