lunedì 21 giugno 2021

Storie di ordinaria follia (1981) di Marco Ferreri

Charles Serking, poeta tormentato, ubriacone disperato e libertino dissoluto, conduce la sua esistenza in giro per l'America, vivendo come un relitto umano tra arte e vizi, spettacoli teatrali, componimenti poetici, sesso randagio e notti etiliche. La sua città ideale è Los Angeles, calda, discreta e accogliente alcova di tutte le sue depravazioni. Qui incontra Cass, prostituta affascinante, sguardo che uccide, anima persa come lui, la "ragazza più bella della città". I due si amano, si cercano, si scontrano, si fanno del male, perchè l'amore non basta a colmare il vuoto delle rispettive solitudini, e lei sembra avviata verso un percorso autodistruttivo senza catarsi. Melodramma erotico e psico-esistenziale di Marco Ferreri, che ha liberamente adattato alcuni racconti dello scrittore "maledetto" Charles Bukowski, tratti dalla raccolta "Storie di Ordinaria follia. Erezioni Eiaculazioni Esibizioni", partendo da una bella sceneggiatura da lui stesso scritta insieme a Sergio Amidei. E' una storia d'amore cupa e angosciosa, totalmente pessimista, intrisa di aspro dolore e di gelido lirismo. Una storia di vite allo sbando, di degrado morale, di male di vivere, di cupio dissolvi, di perdenti senza speranza, in cui l'unica energia positiva è quella sessuale, ma si tratta di un sesso nevrotico, estremo, violento, sadomasochistico, un atto primordiale per obliare momentaneamente il proprio tormento interiore. Girato in California, nella città degli "angeli perduti", e recitato in originale in lingua inglese, è il più "romantico" dei film di Ferreri, pur nei suoi toni provocatori e crudeli, all'insegna di un ardente grottesco. Bella prova recitativa dei due attori protagonisti, Ben Gazzara e Ornella Muti; il primo soprattutto incarna perfettamente l'emblema di un mondo in sfacelo, triste, decadente, amorale, dannato, scellerato, perverso e geniale. La Muti è di un magnetismo erotico che lascia senza parole, e stavolta appare anche più espressiva del solito in un ruolo di grande forza drammatica. Il finale da apologo nichilista è pura perfidia beffarda ferreriana, assoluta iconoclastia artistica ed antropologica, e i fans del regista ci andranno a nozze.
 
Voto:
voto: 3,5/5

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