sabato 5 giugno 2021

La ragazza del treno (The Girl on the Train, 2016) di Tate Taylor

Dal romanzo best-seller omonimo di Paula Hawkins. Rachel, donna infelicemente divorziata, depressa e alcolizzata, prende il treno ogni giorno per recarsi al lavoro e osserva dal finestrino i frammenti di vita di una giovane coppia dall'aria felice, la cui casa è vicina ai binari. Inizialmente Rachel prova un misto di invidia e immedesimazione nella ragazza, giovane, bella e vitale, che le ricorda sè stessa di alcuni fa. Ma quando intuisce che lei ha un altro uomo, cade nella disperazione rivivendo i suoi traumi matrimoniali. Poi un giorno la donna sembra essere scomparsa e Rachel inizia a sospettare che le sia successo qualcosa di brutto. Ma quello che vede è reale o è solo frutto di ricordi e immaginazioni della sua mente allucinata? Thriller psicologico di suspense di Tate Taylor che, partendo da una sceneggiatura di Erin Cressida Wilson, ha adattato un libro di grande successo (specialmente presso il pubblico femminile), cercando di ricrearne le atmosfere mistery in bilico tra sensualità conturbante, giallo conflittuale e analisi introspettiva. Ma il risultato è maldestro e indecoroso, a causa di un lavoro di scrittura grossolano e superficiale e di una regia anonima, che si traducono in un film caotico e confuso, costantemente incerto sulla direzione da prendere, emotivamente fiacco, stilisticamente esile e narrativamente claudicante in un continuo affastellamento di flashback e flashforward gestiti con dozzinale sciatteria. Le svolte della trama sono prevedibili oppure forzate in maniera artificiosa, scadendo persino nel ridicolo involontario, anche a causa di una recitazione generalmente mediocre, o per evidenti problemi di miscasting (vedi il caso di Haley Bennett o di Luke Evans) o per prestazioni al di sotto del rispettivo standard (come nel caso di Justin Theroux, Édgar Ramírez e Rebecca Ferguson), come se gli attori fossero poco convinti del progetto o, più probabilmente, per la scarsa capacità del regista di guidarli. La protagonista Emily Blunt, notevolmente imbruttita per l'occasione, è l'unica nota positiva della pellicola, per la sua intensa adesione al personaggio di cui cerca in tutti i modi di evidenziare tormenti e conflitti nello sguardo corrucciato, nel linguaggio del corpo e nella dolente espressività. L'impegno è tanto ed evidente, ma anche la sua Rachel risente di problemi di scrittura e risulta spesso monodimensionale e scontata nelle sue azioni. Un vero disastro insomma, e chi ha invocato "eretici" paragoni con il Gone Girl (2014) di Fincher era probabilmente in preda ad allucinazioni. Ancor più del personaggio di Rachel.

Voto:
voto: 2/5

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