Dopo la fine della guerra il reduce Ernesto torna a Torino dopo anni di prigionia in Germania. Trova la sua casa distrutta, la madre morta e la sorella finita in una casa di tolleranza per sfuggire alla miseria. Furibondo, l'uomo ingaggia una colluttazione con il suo protettore, durante la quale, accidentalmente, lo uccide. Diventa così un ricercato e si rifugia in casa di Lidia, una cinica donna di malaffare di cui diviene l'amante e che è a capo di una banda di impostori. Per Ernesto è l'inizio della sua ascesa nel mondo della malavita. Cupo dramma a sfondo sociale di Alberto Lattuada, idealmente diviso in due parti: la prima è un affresco storico di lucido realismo e di pregnante sincerità, nella sua efficace e dolente ricostruzione dell'Italia dell'immediato dopoguerra, in preda alla fame, lo spaesamento collettivo, una situazione politica caotica, le città distrutte dai bombardamenti, le stazioni affollate, i treni stracolmi di poveri disperati e la dura lotta per la sopravvivenza quotidiana in un paese ancora duramente provato dagli orrori storici appena vissuti. In questo clima difficile e disastrato erano inevitabili i conflitti di classe, le divisioni ed il proliferare di attività illegali per tirare a campare. La seconda parte dell'opera, più romanzata e populistica, assume i toni di una crime-story in nero, sicuramente influenzata dai modelli del cinema gangster americano di opere come Nemico pubblico (1931) o Scarface - Lo sfregiato (1932). La parte più riuscita è la prima, per quanto anche la seconda abbia i suoi momenti di forte impatto drammaturgico, anche grazie alla bravura degli attori, tra cui vanno citati la mitica Anna Magnani e l'eccellente Amedeo Nazzari. Il film ebbe un buon riscontro di pubblico, ma non mancò di suscitare polemiche per le accuse che alcuni politici e intellettuali gli rivolsero di presunta esaltazione della criminalità. Fu presentato in concorso alla 1° edizione del Festival di Cannes, che si svolse dal 20 settembre al 5 ottobre 1946, con 46 film in concorso e la Palma d'Oro assegnata in ex aequo a ben 11 pellicole, tra cui il nostro Roma Città Aperta (1945) di Roberto Rossellini.
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