domenica 20 giugno 2021

Gran bollito (1977) di Mauro Bolognini

Lea, donna meridionale di mezza età emigrata in Emilia Romagna dove gestisce un botteghino del lotto, è morbosamente legata a suo figlio Michele che è l'unico sopravvissuto a 13 gravidanze interrotte avute dalla donna. Affetta da turbe psicologiche e manie, Lea è convinta di aver fatto un patto con la Morte, a cui dovrà sacrificare una serie di vittime, ottenendo in cambio che Michele sia in buona salute e resti sempre accanto a lei. Per questo la donna uccide tre sue amiche zitelle e poi ne scioglie i corpi nella soda caustica, ottenendone biscotti e sapone. Quando il figlio si innamora di una bella ragazza e poi riceve la chiamata alle armi, Lea si convince di dover regalare altri sacrifici umani alla Morte. Inquietante pellicola weird di Mauro Bolognini, sospesa tra la commedia nera, il dramma familiare grottesco, la favola sarcastica crudele e l'horror provinciale alla Pupi Avati. E' ispirato al reale fatto di cronaca di Leonarda Cianciulli, tristemente passata alla storia come la "saponificatrice di Correggio", che tra il 1939 e il 1941 uccise tre donne e poi ne distrusse i cadaveri nelle medesime modalità descritte nel film. L'opera è tecnicamente sontuosa, forte di una perfetta ricostruzione d'epoca, di una fotografia anticata di grande suggestione e delle belle musiche di Enzo Jannacci, e si avvale di un cast di assoluto rilievo che annovera nomi come Shelley Winters, Max von Sydow, Renato Pozzetto, Alberto Lionello, Adriana Asti, Milena Vukotic e Laura Antonelli. Ma è un film poco omogeneo e riuscito solo a metà, alternando momenti stranianti notevoli (come la scelta di far interpretare le tre vittime a Max von Sydow, Renato Pozzetto e Alberto Lionello travestiti da donna) a scelte narrative imbarazzanti, un eccessivo calo di ritmo nella parte centrale ed una serie di sottotrame posticce poco utili. L'idea (molto ambiziosa) del regista era quella di trasformare un cupo dramma provinciale di follia omicida in un apologo metaforico di natura universale sulla superstizione e sull'amore "malato" che genera "mostri", ma anche sotto questo aspetto l'obiettivo è centrato solo in parte. Il film, passato in sordina alla sua uscita in sala e quasi sconosciuto al grande pubblico, ha comunque la sua piccola schiera di ammiratori nei cinefili incalliti amanti delle pellicole underground ed è consigliabile agli spettatori che cercano un tipo di cinema diverso, malsano e fuori dal coro. Alcuni azzardarono improponibili paragoni con il capolavoro Monsieur Verdoux (1947) di Charlie Chaplin, in realtà quest'opera di Bolognini (che è quasi un unicum nel panorama italiano) può essere accostata allo stile di Sergio Citti. Il top scult del film è il nudo integrale di Milena Vukotic (conosciuta principalmente dal pubblico generalista per aver interpretato la moglie di Fantozzi), una cosa tra l'altro non nuova nella filmografia dell'attrice romana di origini slave.

Voto:
voto: 3/5

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