Gaetano, vecchio vetturino ormai prossimo alla pensione, ha un devoto nipotino che lo accompagna "a cassetta" nei giri turistici in calesse per le vie di Roma, una figlia che fa la spogliarellista in un infimo locale di quart'ordine e un cavallo, Nestore, compagno di lavoro e di una vita, a cui l'uomo è molto affezionato. Quando Nestore dimostra tutta la sua anzianità, non riuscendo più a fare la salita verso il Pincio, bloccando così il traffico cittadino, il cinico Otello, proprietario di cavallo e vettura, decide di mandarlo al mattatoio e di pensionare Gaetano. Ma lui non ci sta e cerca in tutti i modi di salvare il suo amico a 4 zampe da una orribile fine. Il terzultimo lungometraggio di Alberto Sordi attore (il penultimo da regista) è un dramma intimo, malinconico e disperato sulla vecchiaia e sulla fine di un'epoca, una sorta di struggente testamento spirituale che omaggia la Roma di una volta, la sua straordinaria carriera ormai anagraficamente avviata verso il viale del tramonto ed anche i grandi Maestri del Neorealismo italiano come Vittorio De Sica e Cesare Zavattini (anche lo spettatore meno preparato potrà cogliere i numerosi riferimenti a Umberto D. (1952) ). Non tutto funziona bene in questo film mesto, a tratti pateticamente lacrimevole, non esente da cadute grevi e retorica sentimentale. Ma la sofferta e sincera interpretazione di Sordi, la forte carica emotiva che accompagna il suo personaggio e la crudezza inaspettata del finale al mattatoio (un autentico pugno allo stomaco dello spettatore), ne riscattano la dimensione di emblematico commiato che uno degli attori italiani più amati in assoluto ha regalato al suo pubblico, a sè stesso, alla sua carriera e, in un certo senso, anche alla vita.
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