mercoledì 16 giugno 2021

Ogro (1979) di Gillo Pontecorvo

Nel 1973 l'ETA (organizzazione terroristica che lottava per l'indipendenza dei paesi baschi dalla Spagna) progetta il rapimento dell'ammiraglio Luis Carrero Blanco, fedelissimo del dittatore Francisco Franco, per chiedere la liberazione di 150 detenuti politici. Ma la successiva nomina di Blanco a presidente del consiglio fa cambiare il piano d'azione del commando, che decide di eliminare il politico con un clamoroso attentato dinamitardo (un tunnel scavato sotto il piano stradale imbottito di tritolo). Dramma storico politico di Gillo Pontecorvo, ispirato al libro "Operazione Ogro" di Julen Agirre, che racconta il reale fatto di cronaca dell'assassinio del presidente Blanco, esponente di primo piano del regime franchista, compiuto dai terroristi baschi dell'ETA il 20 dicembre 1973. Il titolo deriva dal nome in codice che i guerriglieri estremisti avevano dato alla loro operazione criminosa. Ogro è un film controverso, ambiguo e intempestivo: doveva essere realizzato nel 1976 ma, a causa di indecisioni e ripensamenti del regista, uscì solamente nel 1979, in un momento poco propizio, poco tempo dopo l'omicidio di Aldo Moro, in un clima politico sociale avvelenato e rancoroso, ancora troppo scosso dai tragici avvenimenti che cambiarono radicalmente la storia del terrorismo italiano, anticipandone la fine. Come temuto dai produttori, la pellicola ricevette una pessima accoglienza, divise la critica, non piacque al pubblico ed ebbe pesanti accuse di parteggiare per la lotta eversiva, finendo così stritolato in un meccanismo ben più grande. Al di là di questo, rivedendolo oggi, in tempi non sospetti e fortunatamente lontani dal clima pesante di quegli anni terribili, si può dire che è un'opera irrisolta, formalmente eccellente, rigorosa nella ricostruzione degli eventi e lucida nel disegno psicologico dei personaggi, ma ideologicamente pavida e indecisa, incerta sulla direzione da prendere, più cerchiobottista che rivoluzionaria (o reazionaria). Eva Forest, autrice di un reportage giornalistico con interviste eseguite in carcere agli esecutori dell'attentato contro Blanco (da cui poi la Agirre trasse il libro che ha ispirato il film), accusò senza mezzi termini Pontecorvo di aver realizzato un'opera gracile, priva di nerbo politico, fin troppa moderata nei toni e di scarsa personalità. La sensazione, conoscendo il regista e la sua storia, è che gli eventi del caso Moro abbiano nuociuto alla lavorazione della pellicola, attenuando l'audacia delle intenzioni iniziali. Il ritratto dei quattro terroristi protagonisti (interpretati da Gian Maria Volonté, Eusebio Poncela, José Sacristán e Saverio Marconi) è convenzionale, ma si riscatta nella riuscita parte finale (la realizzazione dell'attentato) in cui il film decolla decisamente verso una efficace e tragica spettacolarità. Bella la fotografia di Marcello Gatti e le musiche di Ennio Morricone, a sottolineare la pregevolezza tecnica dell'opera. Il paragone tra l'ETA e le Brigate Rosse che molti critici e intellettuali italiani attuarono per distruggere la reputazione del film, fin dalla sua presentazione in anteprima al Festival di Venezia, è artificioso (e in certi casi fazioso), figlio di un pregiudizio anticomunista che è deprecabile e non ha niente a che vedere con il cinema.

Voto:
voto: 3/5

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