Un regista di origine greca che vive in America, ritorna in patria per la proiezione in anteprima del suo ultimo film. Ma il vero motivo è il tentativo di recupero di tre bobine di un'opera leggendaria del 1905, intitolata "Le tessitrici" e girata dai fratelli Maniakas, registi pionieri del cinema delle origini. Alla ricerca di questa pellicola mitica, l'uomo parte dalla Grecia e attraversa Albania, Macedonia, Bulgaria, Romania, Serbia, fino a Sarajevo, snodo oscuro delle violenze del mondo. Capolavoro evocativo di Angelopoulos sotto forma di rituale solenne, malinconico, doloroso e intimo, che riflette sulla perdita inesorabile dei valori nella Storia, stabilendo una metaforica connessione inestricabile con il Cinema. Arte e Storia sono sempre state le direttive del cinema raffinato e intellettuale di Theo Angelopoulos, grande Maestro greco, in bilico tra classicità e modernità, narratore sopraffino all'eterna ricerca dell'anima del suo popolo, da lui intesa (con accezione universale) come alba di cultura e culla di civiltà. E in questo modo va letto anche questo film straordinario, un'odissea esistenziale di ricerca, sospesa tra mito, poesia, orrore e tragedia. Il viaggio simbolico dell'uomo-regista che cerca di recuperare la purezza illuminata della conoscenza-cinema, risalendo agli albori ancestrali, ad una matrice mitologica in cui la bellezza, le idee, l'arte non erano state ancora corrotte dalle meschinità del mondo. E', dunque, un itinerario simbolico, geograficamente ambientato nei Balcani, ma emotivamente teso verso la fiamma divina dell'arte, posta in simbiosi con gli ideali nobili della natura umana, che si riflettono in un modello storico utopistico (alla stregua della Repubblica di Platone) che non dobbiamo mai smettere di perseguire, per quanto irraggiungibile. L'Ulisse-regista di Angelopoulos è un uomo sgualcito, un esule tormentato, un apolide disincantato ma non rassegnato (magistralmente interpretato da un intenso Harvey Keitel), la cui urgente ricerca, tra epica e sentimento, non condurrà alla sospirata Itaca ma all'amara presa di coscienza che lo sguardo puro dei fondatori, il senso magico dell'armonia e l'innocenza fonte di meraviglia, sono perdute per sempre, hanno definitivamente abbandonato il cinema, la storia e l'uomo. Scritto dal regista insieme a Tonino Guerra, Petros Markarīs e Giorgio Silvagni, e forte di un cast tanto esiguo quanto solido (Harvey Keitel, Maia Morgenstern, Erland Josephson), questo struggente film ramingo venne premiato al Festival di Cannes con il Grand Prix Speciale della Giuria (la Palma d'Oro fu invece assegnato ad un altro capolavoro coevo del cinema balcanico, Underground di Emir Kusturica). Questo è stato l'ultimo film del nostro immenso attore Gian Maria Volonté (a cui è stato espressamente dedicato), che morì per un attacco cardiaco durante le riprese all'età di 61 anni. Volonté, che doveva interpretare il proiezionista Ivo Levi, custode delle tre preziose bobine cercate da Ulisse/Keitel, venne sostituito da Erland Josephson. Le scene da lui girate (le ultime della sua luminosa e irripetibile carriera) sono state inserite nei contenuti extra dell'edizione home video della pellicola.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento