domenica 13 giugno 2021

La cicala (1980) di Alberto Lattuada

Dal romanzo omonimo di Marina Daunia e Natale Prinetto. Wilma, donna di mezza età sgualcita dalla vita, cantante da balera in disarmo con alle spalle un passato di prostituzione, ha dalla sua parte la fedele "Cicala", una giovane zingarella sexy e selvaggia che la segue ovunque e l'ammira come se fosse sua madre. Wilma seduce e sposa Annibale, proprietario di un bar, albergo, stazione di servizio e ritrovo per camionisti nella "bassa" padana, che vedrà un improvviso picco degli affari dopo l'arrivo delle due donne, che iniziano ad esibirsi in numeri di canto e ballo per la gioia degli assatanati frequentatori. Ma l'arrivo di Saveria, figlia di Wilma, bellissima e disinibita, in eterno conflitto di reciproca gelosia con la madre, farà precipitare la situazione in maniera tragica. Dramma erotico familiare di Alberto Lattuada sapientemente costruito sulla pregnante ambientazione provinciale (di cui il regista cattura tutto il sottobosco di grettezza, volgarità, avidità e miseria morale) e su dei personaggi femminili di notevole spessore, donne forti e grintose, ambigue, ciniche, spudorate, pronte ad usare il loro corpo per manipolare un microcosmo proletario maschile rappresentato all'insegna di un'allupata inettitudine. Straordinaria Virna Lisi nel ruolo della protagonista Wilma (premiata con il David di Donatello per la sua prova intensa e sanguigna), eccellente anche la sensuale Barbara De Rossi nei panni della distruttiva Saveria, la cui entrata in scena farà cambiare totalmente il tono del film, fino al finale nero di artificiosa tragicità, che ne costituisce il maggior punto debole. La meno convincente è la starlet francese Clio Goldsmith (la "cicala" del titolo), che esordì con questa pellicola, scoperta da Lattuada, e raggiunse una discreta popolarità negli anni '80 grazie alla sua avvenenza, stereotipandosi in ruoli sexy per poi sparire dalle scene nel giro di un decennio. Nel cast maschile, che annovera nomi come Anthony Franciosa e Riccardo Garrone, spicca un malinconico Renato Salvatori. Il film ebbe un grande successo di pubblico, che aumentò enormemente dopo la poco opportuna vicenda censoria: venne infatti sequestrato per un breve periodo su richiesta della procura de L'Aquila, a causa di una lunga scena di nudo integrale che vede coinvolte la Goldsmith e la De Rossi. Al di là degli aspetti pruriginosi (che sicuramente ne hanno decretato le fortuna presso il pubblico medio), la pellicola è ottima in tutta la prima parte per rappresentazione ambientale, suggestioni morbose, densità drammatica e bravura delle attrici. Peccato che l'escalation di natura noir dell'epilogo risulti poco credibile, troppo effettistico e, probabilmente, non nelle corde del regista.

Voto:
voto: 3/5

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