mercoledì 16 giugno 2021

Sbatti il mostro in prima pagina (1972) di Marco Bellocchio

Milano, 1972, alla vigilia delle elezioni politiche. Giancarlo Bizanti, redattore capo di un giornale di destra, in accordo con il suo editore decide di manipolare un tragico fatto di cronaca nera, l'omicidio con stupro di una studentessa minorenne, per scopi politici, per condizionare l'elettorato contro la sinistra. Bizanti affida le indagini a Roveda, giornalista giovane e inesperto, convinto di poterlo manovrare a suo piacimento, e gli affianca il più esperto e subdolo Lauri. Falsificando una serie di indizi a sua disposizione, Bizanti non ha dubbi nell'individuare il colpevole del delitto in Mario Boni, conosciuto militante di estrema sinistra. Ma Roveda ha intuito che qualcosa non quadra e inizia a indagare per conto suo in cerca della verità. Questo cupo giallo politico di Marco Bellocchio doveva essere diretto da Sergio Donati, autore anche di soggetto e sceneggiatura. Ma Donati rinunciò pochi giorni dopo l'inizio delle riprese (si dice per incompatibilità di vedute e conseguenti litigi sia con la produzione che con il protagonista Gian Maria Volontè) e al suo posto subentrò Bellocchio in corso d'opera, che chiese al fidato Goffredo Fofi di rimaneggiare lo script originale in base alle sue esigenze. Questa premessa è importante per capire il motivo per cui questo film, fortemente provocatorio ed aspramente polemico alla Bellocchio, consta di una doppia anima, una pienamente ascrivibile allo spirito del regista e l'altra più lontana dal suo stile. Il risultato finale è un'opera di denuncia contro le strumentalizzazioni operate dal "quarto potere" per fini politici, manomettendo la verità con machiavellici intenti per indirizzare l'opinione pubblica nella direzione desiderata. Il maggior problema della pellicola è la sua ideologia turgida e manichea che, nel suo miscuglio poco plausibile di cronaca nera e poliziesco, risulta rigidamente schierata politicamente, individuando i "cattivi" nella destra reazionaria e le "vittime" nella sinistra extra parlamentare, risultando quindi poco equanime e troppo di parte. Il cinico protagonista, arrogante servo del potere dagli atteggiamenti esasperati, è ben interpretato dal solito mattatore Volontè, ma ricorda un po' troppo uno dei suoi personaggi più riusciti e memorabili: il farneticante psicotico capo della Squadra Omicidi di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1971) di Elio Petri. Il punto di forza è l'efficace ricostruzione del clima della Milano di quegli anni: dopo la strage di Piazza Fontana e l'omicidio Pinelli, scossa dalla misteriosa morte di Giangiacomo Feltrinelli e attraversata da tensioni sociali, da scontri politici e dall'atmosfera di terrore degli anni di piombo. Da segnalare nel resto del cast la presenza di Fabio Garriba, Carla Tatò, John Steiner e Laura Betti. E infine tre curiosità: il film si apre con un comizio anticomunista di un giovane Ignazio La Russa. Il nome di finzione del quotidiano diretto da Bizanti/Volontè è "Il Giornale". Un quotidiano con questo nome sarà realmente fondato due anni dopo, nel 1974. Il caso dell'omicidio della giovane studentessa descritto nel film ricorda quello reale di Milena Sutter, avvenuto a Genova nel maggio '71, che tenne banco sulle cronache nazionale per diversi mesi.

Voto:
voto: 3/5

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