domenica 20 giugno 2021

L'ultima donna (La dernière femme, 1976) di Marco Ferreri

Giovanni, giovane ingegnere parigino, viene abbandonato dalla moglie femminista militante, perde il lavoro e si trova con un figlio piccolo da crescere. All'asilo conosce la maestrina Valeria, che sta vivendo una profonda crisi sentimentale con il suo uomo, e tra i due scoppia una passione irresistibile. La ragazza si trasferisce a casa sua e accetta di buon grado di fare da mamma al piccolo Pierino. Ma la trascinante euforia sessuale che li pervade lascia presto il posto ad una serie di incomprensioni, differenze caratteriali, insoddisfazioni e litigi, dovuti principalmente al machismo dominante di Giovanni, che concepisce la donna come una sua assoluta proprietà, da possedere totalmente. Finale tragico. Controverso dramma erotico di Marco Ferreri, che fece molto discutere alla sua uscita per il finale scioccante e per la sua pregnante caratterizzazione ideologica, tra l'altro perfettamente in linea con lo stile provocatorio e beffardo del regista e con il clima del suo tempo, pervaso da forti movimenti di emancipazione delle donne dall'atavico dominio del maschio. Più che un film femminista, come molti hanno voluto vedere, è principalmente un crudo apologo sarcastico sulla caduta dell'impero fallocratico attraverso il quale il maschio (inteso come archetipo) intende sottomettere la femmina (fisicamente, psicologicamente e socialmente) attraverso l'atto sessuale, che qui diventa una metafora di potere. E' dunque un film profondamente politico prima che erotico, in cui i ruoli dell'ancestrale disfida, il sesso ed il potente epilogo sono allegorie tragiche del nuovo ordine sociale verso cui il mondo si stava avviando. Costantemente dalla parte delle donne e alla ricerca del suo lato femminile, da cui trarre una più fertile ispirazione per le sue pungenti parabole visionarie, il regista realizza con questo film il capitolo definitivo della sua complessa dissertazione psicoanalitica sul rapporto maschio-femmina, decretando anche (cinematograficamente parlando) la morte del concetto di famiglia tradizionale, ovvero patriarcale. Ambientato in un contesto astorico di un sobborgo industriale di Parigi, egregiamente impaginato nella fotografia livida di Luciano Tovoli, si avvale di sequenze domestiche di forte realismo, alternate ai tipici simbolismi concettuali dell'autore. Di grande livello anche il cast, con Gérard Depardieu, Ornella Muti, Michel Piccoli e Renato Salvatori. Depardieu e la Muti sono perfetti nell'adesione totale alla visione del regista e ci regalano due interpretazioni di grande impatto drammatico.
 
Voto:
voto: 4/5

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