Roma, 187 a.C.. Catone il Censore accusa pubblicamente in senato Scipione (detto l'Africano) e suo fratello Lucio (detto l'Asiatico) di appropriazione indebita di denaro, pagato come tributo dal re siriano Antioco. In realtà lo scopo di Catone è quello di screditare la figura di Scipione, perchè teme che il suo carisma e la sua abilità militare ne favoriscano l'incontrollata ascesa politica, in un periodo di vuoto di potere in cui scarseggiano personalità di spicco. Scipione è un uomo retto e integerrimo, così solido nei suoi principi che la moglie lo ha lasciato, stanca della sua pesante seriosità. Sconvolto dalle accuse infamanti l'uomo indaga per conto suo e scopre che il colpevole è suo fratello, e, per quanto lo ami, non esita a denunciarlo a Catone, provocandogli un travaglio ancora maggiore. Infatti il Censore è sicuro che questa mossa di assoluta onestà da parte dell'Africano, che non guarda in faccia neppure alla sua famiglia in nome della giustizia, gli provocherà un prestigio pubblico ancora maggiore. Così lo scaltro Catone cambia la strategia del suo piano. Commedia storica di Luigi Magni, liberamente ispirata alla vicenda reale del processo agli Scipioni, che l'autore rilegge adattandola al suo spirito ironicamente pungente, con lo sguardo nel passato e la mente al presente. La vicenda descritta nel film è ovviamente emblematica, sarcastica ma non caricaturale, per tracciare un apologo politico-morale che attraversa verticalmente le epoche e tratteggia comportamenti e maneggi tipici della natura umana quando c'è di mezzo il potere. La figura di Scipione l'Africano, malinconicamente decadente e al tramonto della sua grandezza, è la metafora dell'onestà intransigente che diventa scomoda (e quindi da abbattere) nel momento in cui si relaziona con il potere collettivo. E' paradossalmente evocativa, in tal senso, la scena in cui la bella moglie Emilia decide di lasciarlo in quanto uomo troppo onesto e, quindi, quasi "disumano", noioso e fastidioso. Come a dire che in piccoli tempi, gestiti dagli intrallazzi di mediocri galoppini, i grandi uomini sono di troppo, fanno paura e devono essere in qualche modo eliminati. Se però l'idea era ottima, la realizzazione non è alla sua altezza a causa del ritmo lento, del tono scialbo e della mancanza di lampi caustici realmente incisivi. Decorosa, ma al di sotto dei rispettivi standard, l'interpretazione del cast sontuoso che annovera nomi come Marcello Mastroianni, Silvana Mangano e Vittorio Gassman. Una menzione speciale per l'apparizione da attore (l'unica della sua carriera) di Ruggero Mastroianni, fratello di Marcello e formidabile montatore, una delle eccellenze tecniche del cinema italiano, non sempre molto conosciute dal grande pubblico. Ruggero, che nel film interpreta proprio il ruolo del fratello del personaggio di Marcello (sovrapponendo così idealmente la realtà con la finzione), ci regala anche una scena di grande tenerezza e di bella recitazione, in cui i due Scipioni si confessano a "cuore aperto", mescolando politica e affetti familiari.
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