Nel 1966 in una Hong Kong scossa dallo spettro della guerra civile, Chow, giornalista e scrittore di libri erotici, alloggia in un hotel alla stanza 2047. Mentre cerca il suo antico amore perduto (Su Li-Zhen) intreccia relazioni con altre donne e si dedica alla scrittura di un romanzo fantastico in cui un treno speciale riesce a viaggiare nel futuro verso un luogo dove si possono ritrovare i ricordi perduti. Più che un seguito del precedente capolavoro In the mood for love
questo film di Wong Kar-wai ne costituisce una (il)logica derivazione,
una sorta di costola "illegittima", un eco labirintico che ne riprende i temi e ne amplifica le digressioni. I personaggi principali sono gli
stessi (con la bella Gong-Li al posto di Maggie Cheung) ma l'aria che si
respira è ben diversa e ciò che si perde in densità emotiva lo si
guadagna in sospensione simbolica. Il regista spinge all'eccesso il suo
stile ipnotico portandoci in uno spazio-tempo indefinito, un limbo di
astratto straniamento alla ricerca di ciò che si è perduto (e di ciò che
"non è stato" nel capitolo precedente). Il rischio di alto, e per
alcuni sterile, auto-compiacimento stilistico è lì in agguato, ma è
difficile non farsi rapire dalla suggestione delle immagini o dalla splendida colonna sonora carica di sinuosa sensualità. L'amore
(perduto, inseguito, sognato) diventa un inestricabile paradosso senza
via d'uscita e la scomposizione onirica dei volti e dei corpi attraverso l'utilizzo di specchi, scorci visivi, fenditure diventa una sorta di ammaliante feticismo erotico. In un film carico di allegorie, il titolo stesso diventa un simbolo pregnante: 2046 è, infatti, un numero di una camera d'albergo (quella in cui si incontravano gli amanti protagonisti di In the mood for love), la data in cui Hong Kong tornerà cinese dopo l'amministrazione speciale e il titolo del romanzo scritto da Chow.
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