lunedì 16 dicembre 2013

Dolls (ドールズ, 2002) di Takeshi Kitano

Dramma astratto, visionario, esteticamente sontuoso. E' il compendio di tutto il cinema di Kitano e uno dei suoi film migliori: ambizioso, affascinante, disperato. Si apre (e si chiude) con le "bambole" del titolo: uno spettacolo di marionette (Bunraku) in un teatro giapponese. La vicenda si sviluppa attraverso tre storie narrate in parallelo: Matsumoto e Sawako si amano e devono sposarsi ma lui cede alle lusinghe dei genitori ed accetta un matrimonio d'interesse con un'altra donna, la figlia del suo datore di lavoro. Alla notizia del tentato suicidio di Sawako, Matsumoto, pentito e disperato, scappa dalla chiesa, abbandonando il matrimonio, e corre dalla sua amata, che sembre essere regreditata in uno stato infantile. I due intraprendono un viaggio iniziatico attraverso la natura legati insieme da una corda rossa. Un vecchio boss della Yakuza, ormai stanco e logoro, ritorna sulla panchina di un parco cittadino dove era solito incontrarsi con una giovane donna. Questa, da lui abbandonata, gli avevo promesso di attenderlo per sempre su quella panchina. Una giovane cantante pop di grande successo viene coinvolta in un incidente e rimane con il volto sfigurato. Un suo fan accanito, reso folle dal dolore, sceglie di accecarsi. Quando i due si incontreranno, lei decide che soltanto lui sarà degno di "vedere" il suo volto deturpato. Pellicola di grande fascino allegorico, stilisticamente superba e di preziosa impaginazione visiva, è una potente metafora astratta sulla vita, sul dolore, sull'amore, sulla perdita e, soprattutto, sulla bellezza come massima forza espressiva e contraltare dei mali del mondo. E' anche un film dolente, gelido e profondamente pessimista in cui l'estetizzazione esasperata del bello rende ancora più tragico l'inevitabile distacco da esso. E', senza dubbio, tra i vertici del cinema orientale del nuovo millennio ed è assolutamente consigliato agli amanti del buon cinema d'autore.

Voto:
voto: 4/5

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