Il
vincitore di Cannes 2013 è una storia d'amore carnale e sensuale che
lascia poco all'immaginazione dello spettatore immergendolo nella vita
delle due protagoniste: due ragazze lesbiche che condividono un intenso
momento di vita. Il maggior difetto del film è la durata: tre ore sono
davvero eccessive per una storia del genere e, soprattutto,
per uno stile come quello di Kechiche (che qui esaspera ulteriormente
la sua estetica): un approccio "documentaristico" in
cui il verismo/Nouvelle Vague diventa esposizione ossessiva e "maniacale" di dettagli in primo piano. Dettagli (volto, occhi, bocca, parti del corpo, anche intime) funzionali
alla totale "messa a nudo" (sia in senso esplicito che figurato) della
protagonista, l'intensa Adèle Exarchopoulos, con il suo sguardo languido e smarrito. Il film è
costruito su di lei, è una sorta di diario in presa diretta della
sua vita o meglio, di quella parte, magica e terribile, del percorso umano (il
passaggio dall'adolescenza alla maturità) nella quale si (e ci si)
esplora alla ricerca della propria via. E la ricerca di Adele è,
principalmente, sessuale perchè il sesso è sì ricerca del piacere ma è anche comprensione
(ed affermazione) della propria identità rispetto al mondo che ci
circonda. Dal punto di vista registico non ci sono
virtuosismi, la macchina da presa "bracca"
Adele/Exarchopoulos scrutandola dettagliatamente per rimandarci tutte le
sue sensazioni in tempo reale con approccio quasi "scientifico".
Diventiamo quindi parte della sua ricerca, delle sue esperienze, della
sua crescita sessuale e delle sue relazioni. Se il prologo è
preparatorio, la parte centrale è stupenda nella sua voluttuosa intensità: in essa il gioco di sguardi e
primi piani diventa fertile e vitale
espressionismo sensuale che non può lasciare indifferenti. Adele, letteralmente,
"esplode" dallo schermo in un orgasmo liberatorio perchè sembra aver
trovato la sua via nel mondo.
Più debole e canonica la parte finale, principalmente perchè iper-dilatata, anche se l'epilogo ritrova forza. L'altra protagonista, Léa Seydoux, è anch'essa magnifica, ammaliante, trasgressiva, luminosa, conturbante nello sguardo e nella fisicità. Quando il blu svanisce (dai
capelli di Emma) appassisce anche la passione e, quindi, l'amore. Pur non
essendo un capolavoro in senso assoluto e pur peccando di ridondanza espressiva, questo film possiede personalità e fascinazione, si eleva ampiamente sopra la media e si farà di certo ricordare.
Voto:
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