La dottoressa Ryan Stone, alla sua prima vera missione nello spazio, e l'esperto astronauta Matt Kovalsky, all'ultimo volo prima della pensione, vedono trasformarsi una "passeggiata" spaziale di routine in una catastrofe, a causa di una pioggia di detriti che li investe, danneggiando seriamente il loro Shuttle e mandandoli alla deriva nel vuoto con un cavo che li mantiene collegati. Avvolti dal silenzio e con l'ossigeno in esaurimento i due dovranno lottare disperatamente per la loro salvezza in un ambiente ostile in cui la vita è impossibile. Blockbuster
d'autore, tecnicamente eccellente, con immagini splendide
e notevoli virtuosismi registici: nei movimenti di macchina ma
anche nella continua ricerca di inquadrature ad effetto. Ad una prima
parte notevole per impatto visivo, patos
ansiogeno e ritmo narrativo, fa seguito una seconda più "intimista" che
dovrebbe tracciare il senso dell'opera che, tra l'altro, risulta ben
chiaro fin dal titolo (la gravità è la forza che ci attrae verso la
terra). Ma qui il film di Cuaron, che vuol essere un inno alla vita ed
alla
lotta disperata dell'uomo per trovare il suo cammino senza arrendersi
mai, rivela le sue debolezze dovute alla sua anima hollywoodiana e,
quindi, alla necessità di un finale edificante. Ed ecco che il viaggio
cosmico si fa metafora di un altrettanto travagliato, e pericoloso,
percorso interiore
verso l'accettazione dei propri traumi, con inevitabile moralismo
dietro l'angolo. In fin dei conti resta un film di buona fattura tecnica ma anche un indubbio passo indietro rispetto al precedente I figli degli uomini. Ottimo il cast con i divi Sandra Bullock e George Clooney a loro agio nei rispettivi ruoli. L'Academy ha adorato il film, assegnandogli ben 7 Oscar: miglior regia, fotografia, montaggio, montaggio sonoro, effetti speciali, colonna sonora e sonoro.
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