Nel 1960 Mario Bava dirige lo splendido “La maschera del demonio”, un classico del cinema horror gotico che lancia l’attrice Barbara Steele
come indimenticabile icona del genere. Ispirato ad un racconto di
Gogol (“Il Vij”), il film è unanimemente considerato il top del gotico
italiano ed uno dei migliori horror nostrani di sempre, che unisce,
alle solite doti tecniche del cinema di Bava, anche una notevole
componente orrorifica con punte di gore assai audaci per i tempi ed un
conturbante fascino morboso. L’incipit è davvero notevole: la
principessa Asa, accusata di stregoneria e condannata al rogo, lancia
una terribile maledizione sulla propria stirpe; per indurla al silenzio
e neutralizzare l’anatema, le viene inchiodata una maschera di ferro
sul volto in una scena di grande impatto. Dopo circa due secoli il
dottor Chomas ed il suo aiutante Gorobec, nell’attraversare un lugubre
bosco, finiscono proprio nella vecchia cripta dove giace il corpo di
Asa. A causa dell’attacco di un pipistrello, Chomas rompe
accidentalmente la teca di vetro che copre il volto della strega ed
alcune gocce del suo sangue scivolano sul viso di lei, facendola
risorgere. La strega Asa inizierà la sua terribile vendetta personale
contro la stirpe dei Vajda ed assorbirà bellezza e giovinezza dal
giovane corpo della sua pronipote Katia. La magnetica Steele interpreta
sia Asa che Katia, aumentando il senso di smarrimento dello spettatore
e rafforzando l’effetto del dualismo bene/male. Bava raffigura, con
una stupenda fotografia in bianco e nero, un paesaggio gotico ed
onirico che contiene tutti gli archetipi del genere e che farà scuola
negli anni a venire. Il volto di Asa-Steele sfigurato dai chiodi è
un’immagine che è entrata di diritto nell’immaginario dei fans
dell’horror. Come ho già detto altre volte reputo Maria Bava il miglior
regista italiano “di genere”, dopo il grande Sergio Leone, e “La
maschera del demonio” il miglior horror prodotto nel nostro paese.
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