lunedì 16 dicembre 2013

L'amico di famiglia (2005) di Paolo Sorrentino

Nel panorama deprimente dell'attuale cinema italiano, Paolo Sorrentino, talentuoso regista napoletano, è una lieta eccezione ed una grossa speranza per il futuro. Sorrentino ha talento da vendere, uno stile molto ricercato e personale ed una spiccata dote visionaria che indulge spesso nel surreale e nel grottesco. Con "Il divo" è salito alla ribalta internazionale, ma i cinefili lo avevano già notato, ed apprezzato, fin dal convincente esordio con "L'uomo in più". Il nostro predilige storie e personaggi ai margini, metafore di un mondo corrotto e decadente dove il gusto è quasi sempre amaro ed i sentimenti sono spesso la molla che innesca tragiche reazioni a catena. Fedele alla tradizione del grande Cinema italiano d'Autore, Sorrentino pervade sempre le sue opere di arguta critica sociale ed antropologica, mettendo spesso in ridicolo i suoi "cattivi" con un sapiente uso del grottesco, ma si tratta sempre di un sorriso amaro, un ghigno contrito. Quello che ancora gli manca è la capacità di scegliere o realizzare una sceneggiatura totalmente convincente che garantisca una buona tenuta drammaturgica per l'intera durata del film. Ma sono peccati di gioventù ed il talento è tutto dalla sua parte. E non fa eccezione, su quanto detto, questo film poco conosciuto che ha, però, avuto ottimi riscontri dalla critica europea. Un'opera amara, surreale e brillante che affronta il triste problema dell'usura e ruota tutta intorno al personaggio principale: il vecchio, goffo, bavoso ed avarissimo Geremia de' Geremei, ottimamente interpretato dal bravo caratterista Giacomo Rizzo. Ambientato a Sabaudia, in un agro Pontino freddo, lunare e spartano, il film descrive le tristi "imprese" di Geremia, usuraio, parassita, amorale e senza il minimo scrupolo. Ma coloro che gli stanno intorno, nonostante un aspetto più tranquillizzante, una classe sociale più elevata e delle ambizioni rispettabili, si riveleranno non meno infidi e subdoli. Ma per noi sarà facile puntare il dito, scaricando, di conseguenza, la coscienza, verso Geremia, specchietto per le allodole e "mostro" tra i "mostri" di una società alla deriva. Un quadro fosco ed un'accusa, forse, un po' troppo generalista per colpire davvero nel segno, ma la tecnica registica è sopraffina. Altro personaggio che coglie nel segno è quello interpretato da Fabrizio Bentivoglio: un improbabile e malinconico cowboy di provincia, un coatto sui generis che vive di espedienti sognando il country e la vecchia frontiera. Come sempre le cose si complicheranno quando il laido Geremia perderà la testa per la giovane, bella e procace figlia di una delle sue vittime, interpretata dalla starlette Laura Chiatti. E, ancora una volta, le conseguenze dell'amore saranno imprevedibili...

Voto:
voto: 3,5/5

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