Nel panorama deprimente dell'attuale cinema italiano, Paolo Sorrentino,
talentuoso regista napoletano, è una lieta eccezione ed una grossa
speranza per il futuro. Sorrentino ha talento da vendere, uno stile
molto ricercato e personale ed una spiccata dote visionaria che indulge
spesso nel surreale e nel grottesco. Con "Il divo" è salito alla ribalta internazionale, ma i cinefili lo avevano già notato, ed apprezzato, fin dal convincente esordio con "L'uomo in più".
Il nostro predilige storie e personaggi ai margini, metafore di un
mondo corrotto e decadente dove il gusto è quasi sempre amaro ed i
sentimenti sono spesso la molla che innesca tragiche reazioni a catena.
Fedele alla tradizione del grande Cinema italiano d'Autore, Sorrentino
pervade sempre le sue opere di arguta critica sociale ed antropologica,
mettendo spesso in ridicolo i suoi "cattivi" con un sapiente uso del
grottesco, ma si tratta sempre di un sorriso amaro, un ghigno contrito.
Quello che ancora gli manca è la capacità di scegliere o realizzare una
sceneggiatura totalmente convincente che garantisca una buona tenuta
drammaturgica per l'intera durata del film. Ma sono peccati di gioventù
ed il talento è tutto dalla sua parte. E non fa eccezione, su quanto detto, questo film poco conosciuto che ha,
però, avuto ottimi riscontri dalla critica europea. Un'opera amara,
surreale e brillante che affronta il triste problema dell'usura e ruota
tutta intorno al personaggio principale: il vecchio, goffo, bavoso ed
avarissimo Geremia de' Geremei, ottimamente interpretato dal bravo
caratterista Giacomo Rizzo. Ambientato a Sabaudia, in un agro
Pontino freddo, lunare e spartano, il film descrive le tristi "imprese"
di Geremia, usuraio, parassita, amorale e senza il minimo scrupolo. Ma
coloro che gli stanno intorno, nonostante un aspetto più
tranquillizzante, una classe sociale più elevata e delle ambizioni
rispettabili, si riveleranno non meno infidi e subdoli. Ma per noi sarà
facile puntare il dito, scaricando, di conseguenza, la coscienza, verso
Geremia, specchietto per le allodole e "mostro" tra i "mostri" di una
società alla deriva. Un quadro fosco ed un'accusa, forse, un po' troppo
generalista per colpire davvero nel segno, ma la tecnica registica è
sopraffina.
Altro personaggio che coglie nel segno è quello interpretato da Fabrizio
Bentivoglio: un improbabile e malinconico cowboy di provincia, un
coatto sui generis che vive di espedienti sognando il country e la
vecchia frontiera. Come sempre le cose si complicheranno quando il laido
Geremia perderà la testa per la giovane, bella e procace figlia di una
delle sue vittime, interpretata dalla starlette Laura Chiatti. E, ancora
una volta, le conseguenze dell'amore saranno imprevedibili...
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