Il film racconta due storie in parallelo: quella di un dentista (Martin
Landau) che decide di assassinare un'amante ingombrante ed ossessiva e
quella di un documentarista (Allen), appassionato di vecchi film
Classici in bianco e nero
e disilluso dalla vita, che cerca di conquistare l'affascinante Halley
(Mia Farrow), a sua volta attratta da un miliardario spocchioso e senza
scrupoli. Nel finale del film i due personaggi principali, ed i due
rispettivi mondi, entreranno in contatto in una scena di grande spessore
drammatico. E' un film atipico per il regista newyorkese, malinconico, autunnale,
dal retrogusto amaro anche se non rinuncia a qualche ironica stoccata.
Affronta grandi temi con la consueta brillante eleganza di Allen: lo
smarrimento tipico dell'età del "benessere", il vuoto interiore, il
relativismo del giudizio, l'ineffabilità del delitto e l'inattuabilità
della pena. Un film più pessimista del solito, che anticipa già molti
temi del recente (e riuscito) "Match Point" e ribalta la banalità
del clichè hollywoodiano (crimine-catarsi) in favore di una sofferta,
ma indignata, "sconfitta". Film ottimo e da vedere, decisamente.
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