Straordinario e struggente film del "vecchio leone" Clint Eastwood, qui
anche attore. Uno dei rari esempi di pellicola del nuovo millennio per
cui si può usare il termine di "capolavoro" senza storcere il naso. E'
costruito come un'opera a due livelli, in cui la seconda parte ribalta
la prima, spiazzando totalmente lo spettatore, anzi mettendolo KO, tanto
per usare il linguaggio del pugilato. La prima metà ha i connotati
eroici e sofferti del film sportivo, dove sudore, impegno e sofferenza
possono significare rivalsa sociale e riaffermazione della dignità
umana. E' un film sul pugilato, ma nuovo ed audace perchè ne esplora il
lato femminile che si incastona sui sensi di colpa di un rapporto
padre-figlia andato in malora. La seconda parte, straziante, commovente,
atroce, ma sempre lucida ed asciutta, è una riflessione sul dolore,
sulla vita, sulla morte e su enormi temi esistenziali, morali e
religiosi. Eastwood ne esce vincitore, come al solito, insieme a tutto
il cast in cui spicca un'intensa Hilary Swank, e consegna ai posteri una
pellicola indimenticabile che può far discutere ma che non lascia
indifferenti. Ammirevole la capacità del vecchio regista di trattare ed
amalgamare così tanti temi, forse troppi per un film solo, con così
elevato rigore stilistico. Quattro premi Oscar e tanti personaggi che
lasciano il segno, colpendo dritti al cuore.
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