Nel 1963 Robert Wise (autore di pellicole rimaste nella storia del
cinema come "Lassù qualcuno mi ama" (1956), "West Side Story" (1961),
"Tutti insieme appassionatamente" (1965) e di cult celeberrimi come
"Ultimatum alla terra" (1951), "Andromeda" (1971) e "Star Trek" (1979))
dirige un horror che farà epoca per la sua capacità di spaventare
mostrando pochissimo e ricorrendo unicamente alle atmosfere. "Gli invasati"
fu la terza tappa di Wise nel genere horror, dopo "Il giardino delle
streghe" (1944) e l'interessante "La iena" (1945), e può essere
giustamente considerato come il miglior film sul tema (poi abusato)
delle case infestate ed uno dei migliori horror di sempre. Tratto dal
romanzo "The Haunting of Hill House" (1959) di Shirley Jackson,
che ai tempi si meritò la sinistra fama di storia più spaventosa mai
scritta, la pellicola di Robert Wise riesce addirittura a superare lo
script ispiratore per capacità di suscitare paura ed inquietudine e
costituisce, a tutt'oggi, uno dei film più terrorizzanti della storia
del cinema. Wise è magistrale nell’instillare il concetto di orrore
psicologico, basato principalmente su ciò che non si vede esplicitamente
ma che si intuisce, e sull'incertezza di fondo tra ciò che è reale e
ciò che viene solo immaginato. Proprio quest'ultima ambigua
caratteristica costituisce uno dei punti di forza maggiori de "Gli
Invasati". Senza volere svelare nulla su questo capolavoro è impossibile
non parlare della bravura del regista nel "giocare" con le immagini,
rese ancora più forti e suggestive dalla splendida fotografia in bianco e
nero. Egli utilizza spesso giochi di specchi, effetti distorcenti, fino
ad un utilizzo del sonoro ardito ed innovativo. Molte le scene
memorabili: su tutte la porta che sembra deformarsi ed Eleonor
terrorizzata e distesa sul letto che cerca la mano di colei che crede la
sua amica. Da segnalare, altresì, il senso di frustrazione o di
eccitazione che accompagna la psicologia di alcuni personaggi rendendo
le dinamiche più interessanti, o la suggestione omosessuale di
sottofondo dovuta alle tendenze lesbiche di Theodora (Claire Bloom).
Tutto il film si gioca sul vedo-non vedo e sul labile confine
realtà-immaginazione, e questo senso di straniamento ipnotizza lo
spettatore. Notevole anche l'apporto dato dalle musiche di Humphrey
Searle (che utilizza persino delle scale al rovescio) e dagli effetti
sonori che ci immergono in un'atmosfera di suspence assoluta. Bravi
tutti gli interpreti, in particolare Julie Harris (a cui forse si
ispirerà, in parte, Roman Polanski per la sua Rosemary) e Claire Bloom.
E, sempre per restare in tema di Polanski, diciamo pure che, sotto certi
aspetti, questo film ispirò l’ottimo "Repulsion" (1965), per la
presenza di una protagonista dalla personalità fragile ed incrinata che
finisce per diventare vittima di se stessa. “Gli invasati” ha avuto,
come da norma, un pessimo remake, “Haunting – Presenze” (1999), diretto
da Jan De Bont con Liam Neeson e Catherine Zeta-Jones.
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