Brescia, 1936. Il giovane federale Giovanni Comini, appena nominato alla massima carica politica della città, riceve dalla direzione centrale del Partito Fascista un incarico di estrema riservatezza: sorvegliare il poeta Gabriele D'Annunzio, da molto tempo "rinchiuso" in esilio volontario nella lussuosa residenza del Vittoriale, sulle sponde del lago di Garda, temuto da Mussolini per il suo carattere indipendente, la sua influenza carismatica ancora forte e le sue idee palesemente contrarie all'alleanza con Hitler. Il dissenso del poeta Vate, da lui più volte espresso a chiare lettere, è ritenuto estremamente pericoloso dal partito e, per questo motivo, Comini deve infiltrarsi nel cerchio ristretto della sua "corte", guadagnare la benevolenza del bizzoso intellettuale, limitare i suoi slanci contro la politica attuale del fascismo, tenerlo a bada con adulazioni, inganni e promesse, e riferire ogni cosa al Segretario nazionale Achille Starace, mente dell'operazione. Quando Comini riesce ad entrare nelle grazie del poeta, ne subisce irrimediabilmente il fascino e viene conquistato dalla sua statura intellettuale, dalla profondità di pensiero, dalla capacità di preveggenza nella lettura degli eventi storici. Nonostante le tante manie e i comportamenti eccessivi di un D'Annunzio ormai vecchio, logorato nel fisico e nella mente, malato, dipendente da farmaci e droghe e ancora ossessionato dai suoi noti appetiti sessuali, in cui continua a indulgere con una schiera di giovani donne che si sacrificano compiacenti sull'altare del "drago", il Vate apre una crepa nel "muro" di solide certezze di Comini, che vede vacillare tutte le idee in cui ha sempre creduto per "fede" e sente crescere la voce del dubbio nella sua coscienza. Dramma storico biografico dell'esordiente regista napoletano Gianluca Jodice, che racconta gli ultimi anni della vita di D'Annunzio, calandosi perfettamente nel clima ideologicamente opprimente dell'epoca, tra la violenza dei fanatici galoppini del potere e le paure nascoste dei tanti "dubbiosi", che non avevano il coraggio di esprimere le proprie opinioni temendo le repressioni di un regime invasato che perseguiva il dissenso in ogni modo. Forte di una ricostruzione d'epoca eccellente (anche in virtù del fatto di aver girato le scene nel vero Vittoriale), di una fascinosa fotografia "anticata" di Daniele Ciprì che esalta le ambientazioni crepuscolari e decadenti in sintonia con la figura di un Gabriele D'Annunzio anziano, stanco, a tratti patetico, ma ancora indomito nelle idee e impossibile da tenere "al guinzaglio", Il cattivo poeta è un film antifascista, fortemente politico, un'apologia dello scetticismo e della libertà di pensiero opposta al fanatismo ideologico delle oligarchie. Sergio Castellitto è impeccabile nell'interpretazione del celebre poeta, garantisce (come sempre) grande classe e una presenza scenica statuaria, lavorando per sottrazione e senza mai scadere nella facile tentazione dell'over-acting con un personaggio così stravagante. Il D'Annunzio di Castellitto è un fantasma del passato, un sepolcro imbiancato, un misto di tenerezza, ridicolo, fragilità, vanità e possanza ideologica, ma è soprattutto una voce critica, un pensiero illuminato fuori dal coro, capace di cogliere la tragica ovvietà di una situazione imminente che invece appariva celata alle troppe menti obnubilate da un patetico sogno di grandezza e da un machiavellico opportunismo politico tipicamente italiano. Peccato però che il film non affondi mai realmente il colpo e manchi del graffio decisivo, dell'idea critica fulminante, del lampo originale, mantenendosi sempre su una dignitosa posizione di indignata dissidenza, ma senza aggiungere nulla di realmente nuovo sull'argomento. Il giovane coprotagonista Francesco Patanè appare l'anello debole di un cast di navigati attori e caratteristi, tra cui citiamo Tommaso Ragno, Clotilde Courau, Fausto Russo Alesi, Massimiliano Rossi ed un "perfido" Lino Musella che incarna con efficacia il volto violento e ottuso della tirannide, o meglio dei suoi piccoli "garzoni" che devono (non senza sadico piacere) "sporcarsi le mani".
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