domenica 5 settembre 2021

Vallanzasca - Gli angeli del male (2010) di Michele Placido

Le "gesta" criminali del celebre bandito milanese Renato Vallanzasca in un periodo che va dal 1972 al 1987. Nato a Milano in un povero quartiere popolare, Vallanzasca cresce in strada col mito della "bella vita" e della violenza come strumento "facile" per ottenerla. Sin da piccolo si mette nei guai con la giustizia finendo nel carcere minorile, poi avvia un'ascesa inarrestabile nel mondo della malavita locale, costituendo una banda che seminerà per anni il terrore sul territorio. Rapine, sequestri, omicidi, la feroce guerra con il rivale di sempre (Francis Turatello) per il dominio del capoluogo lombardo, gli amori passionali con donne bellissime che impazzivano per lui, gli arresti e i tentativi di evasione. Vallanzasca è stato un nemico pubblico che ha sempre acceso l'immaginario popolare, suscitando una sorta di malsana fascinazione intorno alla sua figura. E' tutt'ora recluso in carcere, da circa 40 anni, dove sta scontando 4 ergastoli per una lunga serie di crimini (tra cui 4 omicidi accertati, che presumibilmente sono in numero maggiore). Questa biografia criminale di Michele Placido sulla vita di Vallanzasca ha suscitato un vespaio di polemiche alla sua uscita, tra l'indignazione dei parenti delle vittime, la richiesta di boicottaggio da parte dei benpensanti e una lunga serie di ufficiali dissociazioni dal film (anche da parte di enti istituzionali come la RAI). La lunga coda delle diatribe non si è spenta nemmeno dopo le prime settimane di proiezione in sala, facendone una delle opere italiane più controverse del suo decennio. Premesso che discussioni simili hanno spesso accompagnato prodotti sul crimine di questo tipo, qui tutto è stato amplificato da una serie di fattori: innanzi tutto Vallanzasca è tuttora vivente ed esercita ancora un certo fascino su alcuni strati della popolazione. In secondo luogo la pellicola è ispirata al suo libro autobiografico "Il fiore del male. Bandito a Milano" e lo stesso Vallanzasca ha incontrato varie volte il regista in carcere per dare dei consigli sulla sceneggiatura. Il timore che questo film si rivelasse (o venisse da molti scambiato per) una esaltazione "romantica" del bandito che lo rendesse "simpatico" al pubblico e ne sminuisse le colpe, era l'ossessione del folto "partito" dei detrattori, le cui fila aumentarono ulteriormente dopo averlo visto. Personalmente non ritengo affatto che questo lavoro di Michele Placido sia assolutorio, giustificativo, empatico o addirittura agiografico nei confronti di Renato Vallanzasca, ma che ne racconti i fatti salienti della vita senza assumere una precisa posizione in merito, ma lasciando il giudizio morale allo spettatore. Anzi, nella parte finale, è evidente il "pentimento" del bandito che riconosce l'altissimo prezzo pagato in prima persona per la sua insana scelta di vita. Sul discorso del fascino e del carisma (in molti si sono lamentati per la scelta di un attore avvenente come Kim Rossi Stuart) è fin troppo evidente e riconosciuto che anche il vero Vallanzasca fosse un playboy adorato dalle donne e dotato di una forte personalità votata al comando, pertanto è assolutamente disonesto accusare il regista di questo. Arrivando poi, finalmente, al discorso meramente cinematografico: questa pellicola è riuscita solo a metà e procede tra luci e ombre, con pregi e difetti in egual misura. Alla efficacia della ricostruzione ambientale, alla bravura degli attori (Kim Rossi Stuart e Francesco Scianna su tutti), alla stringata realizzazione delle sequenze d'azione ed allo stile asciutto, si oppongono una sceneggiatura lacunosa, delle svolte narrative frettolose, la carente introspezione psicologica dei personaggi e la totale assenza del contesto storico politico d'epoca, che invece sarebbe stato essenziale per un'analisi più sottile del protagonista, delle sue scelte e delle sue azioni. Michele Placido si conferma regista di grana grossa, con una predisposizione maggiore per l'azione piuttosto che per lo scandaglio interiore o la sottigliezza narrativa. Completano il cast Filippo Timi, Paz Vega, Valeria Solarino e Moritz Bleibtreu. Notevolissimo il lavoro linguistico eseguito dal romano Rossi Stuart per imparare ad esprimersi con un credibile accento milanese, senza sfociare nella pantomima. Fa invece un po' specie pensare che una sceneggiatura su cui hanno apposto la firma ben 9 autori (tra cui anche Placido e Rossi Stuart) risulti uno dei maggiori punti deboli dell'opera.

Voto:
voto: 3/5

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