Il comico toscano Roberto Benigni, forte del grande successo ottenuto a tutte le latitudini con La vita è bella (1997), e la conseguente generosa pioggia di premi e consensi ricevuti, cerca di confrontarsi con la favola italiana per eccellenza, proponendo la sua versione del celebre romanzo per ragazzi "Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino" di Carlo Collodi. Sceneggiato insieme al fidato Vincenzo Cerami, il film è diretto e interpretato da un Benigni in pieno delirio di onnipotenza artistica. La storia è arcinota a tutti: il vecchio falegname Geppetto costruisce un burattino da un pezzo di legno "magico", che, dopo una lunga serie di avventure, peripezie, birichinate, incontri di ogni tipo e viaggi tra terra e mare, cerca di diventare un bambino vero e perbene. Dopo quasi 2 anni complessivi di lavorazione (tra riprese e post-produzione), il film più costoso mai realizzato in Italia ha visto la luce, forte di un cast notevole (Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Carlo Giuffré, Peppe Barra, Kim Rossi Stuart, Corrado Pani, Franco Javarone), di una eccellente squadra di tecnici (Dante Spinotti, Danilo Donati, Nicola Piovani), dell'appoggio della Miramax dei fratelli Weinstein per la copiosa distribuzione internazionale e di un notevolissimo hype da parte dei fans dell'autore. Il riscontro del botteghino è stato ottimo in Italia, buono a livello mondiale ma generalmente inferiore alle attese, anche alla luce degli alti costi produttivi. La critica lo ha invece pesantemente stroncato, focalizzandosi impietosamente soprattutto sui suoi tanti (ed enormi) difetti. Diciamo subito che questo Pinocchio di Benigni non è un film brutto ma un film sbagliato, decisamente irritante per la sua tronfia supponenza concettuale. Dal punto di vista visivo e scenografico è un'opera imponente, con dei momenti di alta suggestione estetica che ammiccano al mondo onirico fantastico di Federico Fellini e con la massima resa inventiva raggiunta nel prologo e nell'epilogo, che rendono creativamente attraverso le immagini il senso intimo del libro di Collodi. Per tutto il resto, il progetto paga l'alta presunzione del suo autore che sceglie di interpretare personalmente Pinocchio, affossando così la pellicola a priori. Pinocchio è un bambino e deve essere interpretato da un bambino. Vedere Benigni (un adulto) che scimmiotta un bambino crea un effetto straniante, fastidioso, ridicolo, irritante e offensivo per l'intelligenza degli spettatori. E lo stesso si può dire per l'eccessivo spazio concesso al personaggio della Fata Turchina, interpretato (manco a dirlo) dalla musa (e moglie) dell'autore, Nicoletta Braschi, che qui appare a disagio, ancora più fredda e altera del solito, in evidente divergenza emotiva rispetto al ruolo. Va un po' meglio per il resto del cast, ma nessuno dei personaggi riesce a trasmettere emozioni, simpatia, tenerezza, compassione, e tutto appare molto distaccato, inerte e artificioso. Negli Stati Uniti diversi siti specializzati in voti e recensioni lo hanno catalogato come uno dei peggiori 5 film del decennio 2000-2009. Volendo parafrasare il suggestivo titolo di un thriller italiano degli anni '80, il Pinocchio di Roberto Benigni è come un bellissimo vestito. Ma, sotto il vestito ... niente.
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