venerdì 3 settembre 2021

Veloce come il vento (2016) di Matteo Rovere

Giulia De Martino, 17 anni e un futuro da predestinata come pilota della classe GT, grazie al padre manager che la assiste con orgoglio e dedizione amorevole. Suo fratello maggiore, Loris, un tempo leggendario pilota di rally con una grande carriera davanti, si è perso per la sua testa calda e per il carattere instabile, è sparito da 10 anni, è caduto nel tunnel della droga e adesso vive da emarginato in una roulotte insieme ad una smandrappata compagna, sempre strafatta come lui. La morte improvvisa del padre getta Giulia nello sconforto: lei è minorenne, ha un fratellino piccolo a cui badare, la madre li ha abbandonati da tempo e rischiano anche di perdere la fattoria di famiglia a causa dei debiti. Intanto Loris ricompare all'orizzonte a pretendere la sua fetta di eredità, ma dopo gli inevitabili scontri iniziali tra lui e la sorella scatta qualcosa: un lampo d'intesa, la voce del sangue, il richiamo dei gloriosi trascorsi sportivi. Di colpo i due fratelli capiscono quello che devono fare. Accattivante dramma sportivo ad alta velocità di Matteo Rovere, una sorta di Rush in salsa emiliana, fedele agli schemi narrativi del cinema hollywoodiano, ma bene adattato alla nostra realtà, grazie alla credibilità delle ambientazioni ed alla intensa spontaneità dei personaggi. E' una storia tutta italiana di peccato e redenzione, di occasioni perdute e di ricerca di riscatto, in cui lo sport diventa la metafora di un doloroso, ma necessario, percorso di formazione esistenziale e familiare. Perchè non è mai troppo tardi per (ri)provarci e fare la cosa giusta. E' questo il messaggio del film, non esente da retorica edificante, specialmente nel finale troppo "risolutivo". Banale forse, ma anche efficace, sicuramente coinvolgente e di immediata presa sugli spettatori, ma realizzato con la giusta tensione emotiva, grazie agli attori che recitano sempre con il cuore a fior di pelle. Bravissimi i due protagonisti: Matilda De Angelis (grande promessa del cinema italiano) e soprattutto Stefano Accorsi, mai così intenso e convincente prima d'ora, in un personaggio non semplice, liberamente ispirato al pilota piemontese Carlo Capone. Tra i tanti temi affrontati c'è anche quello (attualissimo) delle pari opportunità, che viene risolto con accettabile livello di piaggeria. Ma il vero cuore della pellicola è nel rapporto tra i due fratelli ritrovati, così diversi e così uguali, ed è lì che il regista è bravo nel saper dosare l'acceleratore delle emozioni e non sbandare troppo nelle curve del sentimentalismo. Acclamato da pubblico e critica, il film ha vinto 6 David di Donatello e 2 Nastri d'Argento.
 
Voto:
voto: 3/5

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