domenica 16 luglio 2017

Billy Elliot (Billy Elliot, 2000) di Stephen Daldry

Durham (Inghilterra), 1984: nella dura realtà di una città la cui economia è basata sul settore minarario, infiammata da violenti scioperi contro il governo Thatcher, il piccolo Billy Elliot, undici anni, orfano di madre e figlio minore di una famiglia di minatori, vive con il sogno della danza per la quale sembra possedere un talento innato. Duramente osteggiato dal padre, che considera la sua passione una attitudine omosessuale, e dall'ambiente gretto e mentalmente chiuso che lo circonda, il nostro non si lascia scoraggiare e, con l'aiuto di una spigolosa maestra locale, riesce a iscriversi alla Royal Ballet di Londra. Primo lungometraggio di Stephen Daldry, sospeso tra commedia e dramma, liberamente ispirato alla storia vera del ballerino Philip Mosley. Tra Ken Loach e Mark Herman, tra il musical e l'affresco sociale, il film ha ritmo, anima e patos. Si avvale di una eccellente ricostruzione ambientale che sa mettere in scena egregiamente il contrasto tra l'alta aspirazione alla bellezza (la danza e quindi l'arte) e l'asprezza greve del contesto locale, giocando con pungente ironia sui luoghi comuni che da sempre accompagnano il ballo maschile, accostandolo a tendenze gay. Ha avuto un notevole successo di pubblico internazionale, in rapporto agli esigui costi produttivi, e si avvale di ottime prove recitative di un cast particolarmente brillante, in cui spiccano Jamie Bell, Gary Lewis e Julie Walters. Tra umorismo e commozione, è anche un'opera politicamente corretta, edificante nel suo incedere verso il raggiungimento di un sogno e furbescamente accattivante, per quanto i livelli di retorica e di sentimentalismo siano costantemente tenuti a bada, lasciando piuttosto emergere un senso di rassicurante tenerezza. Un po' accademico nella narrazione, trova la sua maggior forza nella contagiosa carica energica del piccolo protagonista. Probabilmente, senza la grande prova di Jamie Bell, sarebbe stato un film nettamente inferiore. I momenti più riusciti sono le lezioni di danza della rigida Mrs. Wilkinson, in cui non mancano riflessioni filosofiche sul ballo come espressione di un fuoco intimo prima che "esplosione" corporea. Interessante la colonna sonora eterogenea che annovera molti brani di genere rock e punk. Andante con garbo, è un giusto compromesso tra cinema mainstream e cinema di qualità.

Voto:
voto: 3,5/5

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