La vita di Benedetto Parisi è segnata da un episodio cruciale dell'infanzia quando, da ragazzino vivace di un piccolo centro agricolo della Ciociaria, cresciuto con un'educazione religiosa fortemente repressiva, il nostro, nel giorno della sua prima comunione, turbato dall'omissione in confessionale di un "grave" peccato (aver spiato la zia nuda), scappa via dalla cerimonia e cade in un burrone, rimanendo illeso. L'evento fa gridare al miracolo e tutti i bigotti compaesani, ignoranti e mentalmente arretrati, considerano il ragazzo un prescelto da Dio per intercessione del patrono locale Sant'Eusebio. Benedetto trascorre così la giovinezza in convento, aspettando la "chiamata" spirituale che lo spinga a farsi monaco. Ma l'attesa resta vana e lui cresce sano, forte, irrequieto e fatalmente attratto dal mondo esterno e dal richiamo sessuale. L'incontro con Oreste, un maturo farmacista ateo, colto e progressista, che per lui diventa un riferimento morale, lo spinge ad abbandonare i suoi tabù religiosi e a dedicarsi ai piaceri della vita. Attratto da Giovanna, figlia di Oreste, Benedetto inizia una relazione amorosa con lei che culmina nella convivenza (in accordo agli ideali aperti della loro famiglia). Ma quando il suo adorato mentore, sul letto di morte, fa chiamare un prete per ricevere il sacramento dell'estrema unzione, Benedetto cade in una nuova profonda crisi mistica, rimettendo di nuovo in discussione tutte le sue idee. E un nuovo "miracolo" lo attende. Il primo lungometraggio di Nino Manfredi, che lo ha ideato, scritto (insieme a Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi e Luigi Magni), diretto e interpretato, è un originale e stravagante commistione tra la commedia di costume e il romanzo popolare, che alterna toni ora drammatici ora comici, in accordo al carattere scanzonato dell'autore. Il film affronta con tocco lieve e intelligente misura, bandendo ogni forma di serioso didascalismo, un argomento scottante come quello dell'educazione cattolica (notoriamente rigida nel condannare le naturali pulsioni umane come "peccaminose"), della sua costante influenza sulla nostra vita e del sottile rapporto tra religione e superstizione, che in ambienti particolarmente retrivi come i paesi della provincia italiana si fondono in un'unica identità castrante, spesso utilizzata come strumento intimidatorio per interesse personale o moralismo ipocrita. Sotto questo aspetto Manfredi regista è particolarmente abile (e forse anche pavido) nel cercare di evitare il vespaio di accuse anticlericali, per mezzo di un atteggiamento neutrale e della scrematura dei dialoghi più "insidiosi". Questo è, a parer mio, un punto debole del film ed una carenza di personalità registica che può essere solo parzialmente giustificata dalla scarsa esperienza e dalla paura di un flop commerciale a causa delle inevitabili polemiche degli esponenti cattolici. La pellicola ebbe uno straordinario successo di pubblico, risultando addirittura il primo incasso al botteghino italiano della stagione cinematografica 1970-71 ma gli atteggiamenti di ostracismo da parte della Chiesa ci furono ugualmente, in un'Italia ancora fortemente bigotta, in bilico tra l'inseguimento della libertà sessuale (frutto del terremoto ideologico del '68) e i divieti atavici del conformismo reazionario. Straordinario il personaggio del salace agnostico Oreste Micheli, interpretato con sanguigna maestria da Lionel Stander, senza dubbio la figura più interessante dell'opera, che fa da contrappeso al farisaismo timoroso di Benedetto (impersonato da Manfredi con la consueta verace spontaneità). Le parti più riuscite della pellicola sono la parte iniziale dell'infanzia del protagonista (sospesa in una realistica atmosfera di meschina idolatria campagnola) e i dialoghi esistenziali e religiosi con il vecchio Oreste, all'insegna di un pungente scetticismo. Completano il cast Delia Boccardo, Paola Borboni, Mario Scaccia, Fausto Tozzi e Mariangela Melato. Il film fu premiato al Festival di Cannes come miglior opera prima (in realtà Manfredi aveva già diretto il segmento "L'avventura di un soldato" del film a episodi L'amore difficile (1962) che quindi, tecnicamente, non può considerarsi un lungometraggio) ed ha lasciato diverse tracce nel costume del tempo, a cominciare dalla orecchiabile canzoncina "Viva Sant’Eusebio", scritta dallo stesso Manfredi insieme ai fratelli De Angelis (più conosciuti come gli "Oliver Onions").
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