La
Lunar è una società che ha definitivamente risolto il problema energetico della
Terra attraverso l’estrazione di un gas (Helium 3) dalle rocce presenti sul
lato in ombra della Luna. Il prezioso lavoro di raccolta del gas viene svolto
sulla stazione lunare Selene da parte di un super computer parlante e di un
unico essere umano che viene sostituito ogni 3 anni. Sam Bell è ormai prossimo
alla scadenza del suo contratto con la Lunar e, dopo aver svolto un lavoro
minuzioso e soddisfacente, si appresta a tornare sulla Terra. Durante il lungo
periodo di forzato isolamento l’uomo ha avuto modo di meditare su se stesso e
lavorare sul suo carattere turbolento ma, appena due settimane prima della
partenza, inizia a vedere strane cose che gli fanno sorgere inquietanti
sospetti. Ma è tutto frutto della sua mente che vacilla per la lunga solitudine
o c’è davvero un complotto in atto contro di lui da parte della società ? Straordinario film di fantascienza “colta” e intimista, lontanissimo dagli
stereotipi di grossolana spettacolarità hollywoodiana, diretto con sorprendente
sicurezza dall’esordiente Duncan Jones, figlio del leggendario David Bowie che,
proprio 40 anni prima, aveva dedicato una delle sue più celebri canzoni (“Space Oddity”) ad un astronauta triste per
la sua solitudine. Girato a basso costo con grande perizia artigianale dal
sapore vintage, è un potente dramma
intimista “da camera” sul tema dell’identità, dell’importanza della memoria e
dell’emarginazione. Semplice e angosciante nel suo asettico minimalismo, riesce
a trasmettere allo spettatore il medesimo senso di frustrazione del
protagonista, tra giornate sempre uguali, rituali quotidiani, ambienti
opprimenti ed un solo “amico” artificiale con cui parlare, il freddo computer GERTY
che, in originale, ha la voce di Kevin Spacey. Denso e profondo nei contenuti e
nell’analisi della psicologia di Bell, è un coraggioso (e purtroppo raro al
giorno d’oggi) esempio di fantascienza alta, concettuale e filosofica, che
guarda ai grandi Maestri del genere (Kubrick e Tarkovskij in primis). Minimale ed ipnotico, claustrofobico e inquietante
nella sua calma apparente, è anche una sottile parabola etica sull’importanza
dell’uomo in un mondo sempre più schiavo della tecnologia e dell’economia, nonché una piccola perla sci-fi che
si fa testimone di un tipo di cinema che, per fortuna, non è mai completamente
morto. Notevole interpretazione di Sam Rockwell nel ruolo del protagonista.
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