martedì 25 luglio 2017

I peccatori di Peyton (Peyton Place, 1957) di Mark Robson

Sotto la facciata rassicurante di una ridente cittadina del New England, Peyton Place, si nasconde un covo di vipere che celano, dietro alla maschera del conformismo, indicibili vizi e vergognose perversioni. La calma apparente del posto viene infranta quando una delle sue tante storie sordide viene inevitabilmente allo scoperto: Lucas Cross, violento ubriacone, stupra la bella figliastra Selena, nata dal primo matrimonio della moglie Nellie, invecchiata precocemente. La ragazza rimane incinta, la madre si toglie la vita per la vergogna e lei decide di vendicarsi uccidendo il bruto colpevole. Il processo e lo sdegno accenderanno momentaneamente i riflettori sulla vicenda, ma intento il marcio scabroso che cova sotto la cenere di Peyton Place continua a proliferare. Tratto da un grande successo letterario di Grace Metalious, dal titolo omonimo e con quasi venti milioni di copie vendute nei soli Stati Uniti, I peccatori di Peyton è uno dei classici casi cinematografici costruiti ad arte, con scaltra ruffianeria, per cavalcare l'onda lunga dello scandalo e poi contare i soldi incassati al botteghino. In accordo alla peggiore ipocrisia hollywoodiana il regista elimina o attenua tutte le parti più scottanti del romanzo, appiattendosi su un pavido perbenismo censorio e perdendo completamente la carica eversiva delle pagine della Metalious e la sua veemente denuncia sociale contro il falso puritanesimo moralista della borghesia americana. Pur lasciando gli elementi disturbanti della storia (la violenza carnale incestuosa, l'aborto, il suicidio e l'omicidio), l'analisi critica del contesto viene annacquata in un patetico stile da soap opera, patinato e artificioso, infiacchendone la portata critica e l'asprezza dell'accusa. Clamoroso esempio di finto scandalo programmato, ebbe un notevole successo di pubblico (anche in Italia) e ben nove candidature agli Oscar, ma non vinse nemmeno una statuetta. Grande il cast con Lana Turner, Hope Lange, Arthur Kennedy, Lee Philips, Russ Tamblyn, Diane Varsi e Betty Field. Ha avuto un seguito ufficiale nel 1961, due remake televisivi, una serie tv ad esso ispirata e numerosi cloni o imitazioni. Ben recitato ma lungo, furbo e "disonesto", è uno dei grandi bluff della storia di Hollywood, antenato dei tristemente noti prodotti seriali televisivi melodrammatici e svenevoli fino allo sfinimento (alla "Sentieri" per intenderci).

Voto:
voto: 2,5/5

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