lunedì 17 luglio 2017

Michael Clayton (Michael Clayton, 2007) di Tony Gilroy

Michael Clayton è un avvocato che lavora per il più importante studio legale di New York che lo utilizza come “faccendiere” per ripulire gli affari sporchi che inevitabilmente emergono. Stanco del suo lavoro ma schiacciato tra debiti e un divorzio in atto, Clayton non può rinunciare al suo alto stipendio, ma stavolta si trova a dover fronteggiare un caso molto scottante: un amico e collega, Arthur Edens, in preda ad un crollo psicologico, cerca di sabotare una importantissima causa contro un colosso dei prodotti chimici, accusato di aver messo in commercio diserbanti cancerogeni, pericolosi per la popolazione. Quando Edens muore in circostanze poco chiare per un presunto suicidio, Clayton si rende conto che il “gioco” è andato oltre ogni limite e identifica il colpevole nella cinica Karen Crowder, avvocato rampante della controparte disposta a tutto per la causa e la carriera. Clayton è messo davanti ad un’ardua scelta morale da cui potrebbe dipendere la sua vita. Affilato legal thriller diretto in maniera classica, vicino all’estetica del grande cinema americano d’impegno civile degli anni ’70 (quello di Lumet, Nichols, Pakula o Pollack). Ben scritto dallo stesso regista e diretto con asciutta sobrietà nelle svolte e nei colpi di scena, è un calibrato film di attori che si regge su tre interpretazioni straordinarie: quella di George Clooney, mai così intensa e sofferta, quella di Tilda Swinton (premiata con l’Oscar), che tratteggia una “cattiva” profondamente sfaccettata come espressione della spietata logica del capitalismo occidentale, e quella di Tom Wilkinson, che dà fondo al suo talento teatrale con ammirevole rigore. L’epilogo apparentemente consolante è reso ben più ambiguo dal sottile e lunghissimo primo piano finale sul volto accigliato e tormentato di Clooney, il cui sguardo vale più di tante parole. Non è un film particolarmente innovativo o che brilla per originalità, ma comunque da collocare sopra le media di centinaia di suoi simili già solo per il sapiente disegno in chiaro scuro del personaggio principale, che è ben lungi da essere un eroe, un ignavo redento o un moralizzatore, ma, più realisticamente, un uomo rotto a tutte le esperienze, fortemente disincantato, ormai insoddisfatto di quello che fa e costretto a difendersi con le unghie per non farsi annientare dagli sporchi giochi che sono il suo pane quotidiano.

Voto:
voto: 3,5/5

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