lunedì 17 luglio 2017

Syriana (Syriana, 2005) di Stephen Gaghan

Tra America e Medio Oriente, sulla scia dei grandi interessi economici legati al petrolio, si intrecciano le storie di un agente della CIA, Robert Barnes, incaricato di eliminare un principe arabo che intende vendere il suo petrolio alla Cina e non più agli USA, di un giovane e rampante analista dell’energia, Bryan Woodman, di un avvocato, Bennett Holiday, che deve gestire la delicata fusione societaria di due colossi del settore energetico eliminando gli ostacoli del controllo antitrust e di un pakistano disoccupato che emigra in un ricco paese del Golfo Persico. Complesso thriller politico, ricco di personaggi e di sottotrame, che cerca di cogliere e di riassumere in due ore quell’immenso “Risiko” costituito dall’insieme di forze, interessi, poteri e connivenze che gravitano intorno al petrolio mediorientale, fulcro centrale dell’economia mondiale legata all’energia. Tutto si muove per il controllo e lo sfruttamento di questi giacimenti: guerre, corruzioni, finanza, terrorismo, intelligence spionistica. C’è davvero troppo in questo film giusto, pretenzioso e tortuoso, molto difficile da seguire e ancor più da comprendere nel dettaglio, sia a causa del linguaggio tecnico che viene utilizzato, sia per la necessaria conoscenza di certe dinamiche, sia per la sovrabbondanza di elementi narrativi, spesso banalizzati per esigenze di durata. E’ un esempio moderno di cinema di denuncia sociale dinamico e caotico, che funziona a ipertesti saltando continuamente di palo in frasca e lasciando lo spettatore alquanto frastornato. Più ambizioso che riuscito, è cinematograficamente confuso e vale principalmente come “bignami” di una situazione articolata e intrecciata che, ovviamente, non può essere analizzata esaustivamente in un semplice film. Molti di quelli che ne hanno tessuto lodi sperticate lo hanno fatto principalmente per non riconoscere la loro ignoranza in materia. Ottimo il cast, in cui spicca un inedito ed intenso George Clooney, ingrassato e barbuto per l’occasione e premiato con l’Oscar al miglior attore non protagonista. Al suo fianco Matt Damon, Chris Cooper, William Hurt, Amanda Peet, Christopher Plummer, Mark Strong e Jeffrey Wright. L’aspetto più interessante di questo film eccessivamente frammentario per cogliere davvero nel segno, è l’attacco senza mezzi termini all’amministrazione Bush che (secondo la tesi qui sostenuta) ha dato vita alle guerre nel Golfo per obbedire ai poteri forti della grande finanza texana legata al petrolio.

Voto:
voto: 3/5

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