Tra
America e Medio Oriente, sulla scia dei grandi interessi economici legati al
petrolio, si intrecciano le storie di un agente della CIA, Robert Barnes, incaricato
di eliminare un principe arabo che intende vendere il suo petrolio alla Cina e
non più agli USA, di un giovane e rampante analista dell’energia, Bryan Woodman,
di un avvocato, Bennett Holiday, che deve gestire la delicata fusione
societaria di due colossi del settore energetico eliminando gli ostacoli del
controllo antitrust e di un pakistano disoccupato che emigra in un ricco paese
del Golfo Persico. Complesso thriller politico, ricco di personaggi e di
sottotrame, che cerca di cogliere e di riassumere in due ore quell’immenso “Risiko”
costituito dall’insieme di forze, interessi, poteri e connivenze che gravitano
intorno al petrolio mediorientale, fulcro centrale dell’economia mondiale
legata all’energia. Tutto si muove per il controllo e lo sfruttamento di questi
giacimenti: guerre, corruzioni, finanza, terrorismo, intelligence spionistica. C’è davvero troppo in questo film giusto,
pretenzioso e tortuoso, molto difficile da seguire e ancor più da comprendere
nel dettaglio, sia a causa del linguaggio tecnico che viene utilizzato, sia per
la necessaria conoscenza di certe dinamiche, sia per la sovrabbondanza di
elementi narrativi, spesso banalizzati per esigenze di durata. E’ un esempio
moderno di cinema di denuncia sociale dinamico e caotico, che funziona a
ipertesti saltando continuamente di palo in frasca e lasciando lo spettatore
alquanto frastornato. Più ambizioso che riuscito, è cinematograficamente
confuso e vale principalmente come “bignami” di una situazione articolata e
intrecciata che, ovviamente, non può essere analizzata esaustivamente in un
semplice film. Molti di quelli che ne hanno tessuto lodi sperticate lo hanno
fatto principalmente per non riconoscere la loro ignoranza in materia. Ottimo
il cast, in cui spicca un inedito ed intenso George Clooney, ingrassato e
barbuto per l’occasione e premiato con l’Oscar al miglior attore non
protagonista. Al suo fianco Matt Damon, Chris Cooper, William Hurt, Amanda Peet,
Christopher Plummer, Mark Strong e Jeffrey Wright. L’aspetto più interessante
di questo film eccessivamente frammentario per cogliere davvero nel segno, è
l’attacco senza mezzi termini all’amministrazione Bush che (secondo la tesi qui
sostenuta) ha dato vita alle guerre nel Golfo per obbedire ai poteri forti
della grande finanza texana legata al petrolio.
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