venerdì 21 luglio 2017

Il tagliagole (Le Boucher, 1969) di Claude Chabrol

A Tremolat, piccolo paese della provincia francese, durante una festa di matrimonio la bionda Hèlène, direttrice della scuola locale, conosce Popaul, macellaio del paese e reduce dalla guerra d'Indocina. Tra i due nasce subito una profonda amicizia, anche se l'uomo vorrebbe qualcosa di più, mentre Hèlène, memore di una passata delusione amorosa che l'ha profondamente segnata nell'animo, non ha nessuna intenzione di impegnarsi sentimentalmente. Intanto un orrore improvviso sconvolge la piccola comunità: nei boschi circostanti vengono ritrovati, a distanza di pochi giorni, i corpi di due ragazze orribilmente sgozzate. Per mezzo di un importante indizio Hèlène si convince che l'assassino è Popaul. Questo celebre film di Chabrol è, al tempo stesso, un angoscioso thriller dagli echi hitchcockiani, un melodramma sereno dal finale struggente (in accordo al gusto dell'autore) e un vivido ritratto della provincia francese, su cui lo sguardo registico si sofferma particolarmente, mostrandone nel dettaglio usi, costumi, mentalità, vizi e miserie morali. Più che interessato alla vicenda gialla (gli omicidi sono sempre lasciati fuori fuoco) Chabrol ha a cuore lo sfondo sociale e la storia d'amore, rappresentata sottilmente e con fertile ambiguità grazie alle ottime interpretazioni dei due protagonisti Stéphane Audran (musa e compagna del regista) e Jean Yanne, in modo che il non detto e il gioco di sguardi valga molto più dei dialoghi. Hèlène è l'incarnazione perfetta dell'eroina del cinema di Chabrol: una donna vigorosa ed emancipata, anticonformista e risoluta, ma anche fragile dal punto di vista sentimentale. Il finale tragicamente romantico lascia aperte tutte le ambiguità dette prima sul reale rapporto tra Hèlène e Popaul, oltre che sancire chiaramente come la linea di confine tra bene e male spesso non sia così facilmente definibile.

Voto:
voto: 4/5

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