lunedì 24 luglio 2017

Tutti a casa (Tutti a casa, 1960) di Luigi Comencini

Dopo l'armistizio stipulato dal governo Badoglio con gli alleati anglo-americani, l'8 settembre 1943, l'intero paese finì nel più totale smarrimento. In Veneto un sottotenente altezzoso, Alberto Innocenzi, ben cosciente dei doveri che il grado che gli impone, cerca in tutti i modi di mantenere unito il suo reparto, nell'attesa spasmodica di istruzioni precise dal comando generale. Dopo l'amara constatazione che le istruzioni non arriveranno mai e che l'intera nazione è piombata nel caos, il nostro getta la divisa e si unisce agli altri sbandati che cercano solamente di tornare a casa. Durante il duro viaggio di ritorno attraverso lo sconforto di un popolo spezzato nell'orgoglio e gli orrori di una guerra che proprio da ora in poi mostrerà il suo lato peggiore, Innocenzi e i suoi ex sottoposti vedranno cose abominevoli ma, ormai privi di ideali e di dignità, penseranno solo a salvare la pelle. Ma, una volta tornato alla tanto agognata casa natale, il fuggiasco capisce che non sarà facile sfuggire alla morsa della guerra, che ormai impazza su tutto il territorio con una furia mai vista prima, e dovrà necessariamente prendere una importante decisione. Nella forma di un grande racconto corale, questa perfetta fusione tra commedia e neorealismo, i cui toni oscillano costantemente tra il comico e il tragico, il farsesco e il malinconico, è il capolavoro assoluto della carriera di Comencini, uno straordinario ritratto di uno dei periodi storici più dolorosi e complessi del nostro paese. Sotto forma di viaggio simbolico di quattro sbandati attraverso la guerra, la crisi morale e la confusione ideologica di una nazione ormai in ginocchio, stremata dalla fame, dai lutti, dalla paura e dalle privazioni di un conflitto imposto dalla follia di pochi a danno di un popolo impreparato, generalmente pavido e poco incline alle gesta militari, questa splendida pellicola dell'autore lombardo, da lui anche scritta insieme ad Age & Scarpelli e Marcello Fondato, viene solitamente accostata ad un altro capolavoro del nostro cinema per molti versi affine, come La grande guerra di Monicelli. Più che un film di guerra è un film sulla scelta, sulla crisi e sul caos che nel giro di pochi mesi stravolse l'Italia e gli italiani, dalla caduta di Mussolini all'avvento di Badoglio, dall'armistizio che trasformò rapidamente i nemici in amici e viceversa alle tante guerre che esplosero contemporaneamente sul nostro territorio già martoriato: quella tra alleati e tedeschi, quella civile tra fascisti e antifascisti, quella tra l'invasore nazista e gran parte della popolazione spesso inerme. Sempre lucida nella narrazione e avvincente nell'incedere degli eventi con la sua altalena tra ridicolo e poetico, umanità e cinismo, è un'opera ben più sottile di quanto potrebbe apparire ad una visione superficiale. Molto buono il cast con Alberto Sordi (meno esuberante e più temperato del solito), Eduardo De Filippo, Serge Reggiani, Carla Gravina e Nino Castelnuovo. Andrebbe obbligatoriamente mostrato ai più giovani, anche solo per scopo didattico e memoria storica, per capire che la libertà che oggi tutti diamo per scontato è figlia di lacrime, sudore e sangue che i nostri progenitori hanno dovuto versare, pagando a carissimo prezzo l'ingenua credulità.

La frase: "Signor colonnello! Sono il tenente Innocenzi. Accade una cosa incredibile: i tedeschi si sono alleati con gli americani!"

Voto:
voto: 4,5/5

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