sabato 29 luglio 2017

Whiplash (Whiplash, 2014) di Damien Chazelle

Il diciannovenne Andrew, in apparenza schivo ma fortemente determinato, entra in una prestigiosa scuola di musica jazz a New York per coronare il suo sogno di diventare un grande batterista. Il dispotico insegnante e famoso direttore d'orchestra Fletcher ne apprezza le abilità e lo prende nella sua band come vice batterista ma lo sottopone ad un brutale training che ne mette duramente alla prova sia il fisico che la psiche. Nonostante il rapporto conflittuale tra i due, Andrew migliora di giorno in giorno, riuscendo a diventare primo batterista. Ma quando il crudele Fletcher lo espelle dalla band per un banale ritardo rispetto all'orario di inizio delle prove, la rabbia del ragazzo esplode furiosa e lo scontro con il suo mentore si sposta ad un livello personale. Intenso dramma musicale scritto e diretto da Damien Chazelle (che lo aveva già proposto come cortometraggio di 18 minuti nel 2013), avvincente nel ritmo, minuzioso nella descrizione ambientale, competente nella rappresentazione della tecnica jazzistica, esteticamente sontuoso ed emotivamente possente. Andando ben oltre le dinamiche di una pellicola musicale, l'opera è leggibile come infernale percorso di formazione, guerra psicologica tra allievo e maestro, lucida riflessione sul rapporto tra talento e disciplina (ma anche tra arrivismo e responsabilità) e parabola nevrotica sulla inevitabile solitudine di un leader (o di un genio). Un'altra questione morale sollevata dal film è quanto sia giusto spingersi al limite per una causa in cui si crede profondamente, e questo vale, specularmente e paradossalmente, sia per il personaggio del tutore che per quello dell'apprendista, che, in questa sottile chiave interpretativa, sembrano essere i lati opposti di una stessa medaglia: quella della ricerca maniacale della perfezione. Fletcher (che fa di tutto per farsi odiare da Andrew e quindi dal pubblico) non è un massiccio sergente istruttore urlante ma un rettile viscido, glaciale e machiavellico, che agisce cinicamente in nome del raggiungimento del gesto perfetto, un esteta fanatico, un fedele valletto dell'arte pura a cui si è prostrato e per la quale opera, cercando nel prossimo il lampo divino dell'eccellenza, quello che distingue il genio dalla normalità. Allo stesso modo Andrew non è affatto un personaggio simpatico di immediata empatia, ha un qualcosa di sinistro nella sua ossessiva determinazione e non esita a sacrificare tutto, affetti compresi, per servire stoicamente la medesima "divinità" (e con non minore fanatismo) a cui il suo odiato mentore ha venduto l'anima. Ambiguo, grintoso, emozionante e forsennato nell'esplicazione della sua tesi, il film procede inesorabile come un treno verso il poderoso finale catartico, che non è un rammollimento hollywoodiano e neanche la cattolica promessa del Paradiso dopo la via crucis ma, piuttosto, la pagana "Iustitiae Dei", in questo caso gli Dei della musica che ci ripagano di tanto patire con un meraviglioso tripudio di note jazz che affascineranno anche i non cultori del genere. La pellicola è un assoluto piacere per gli occhi e per le orecchie e si avvale della memorabile interpretazione bigger than life di J. K. Simmons (premiato in maniera sacrosanta con l'Oscar come miglior attore non protagonista) nel ruolo del perfido e carismatico Fletcher, un personaggio impossibile da dimenticare, ispirato al famigerato e realmente esistito direttore di jazz band Buddy Rich. Molto bravo anche Miles Teller nei panni di Andrew, la cui alchimia con Simmons funziona egregiamente e ci regala scene di straordinaria intensità nei tesissimi duetti. Adorato dalla critica internazionale, il film ha vinto numerosi premi prestigiosi tra cui tre Oscar (montaggio, sonoro e Simmons) e il Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival. Splendide le musiche di Justin Hurwitz e le interpretazioni di grandi classici del jazz, tra cui il brano di Hank Levy che dà il titolo al film (in inglese "Whiplash" significa "frustata"). Eccellente alfiere di quel cinema indipendente americano, da cui ormai arriva sempre il meglio della produzione d'oltre oceano, è un film appassionante che mette d'accordo tutti (potrà variare di poco il voto finale assegnatogli ma si tratta di sfumature) e che piace sia ai cinefili esigenti sia ai mainstreamers di minori pretese.

Voto:
voto: 4,5/5

Nessun commento:

Posta un commento