giovedì 27 luglio 2017

Brutti, sporchi e cattivi (Brutti, sporchi e cattivi, 1976) di Ettore Scola

Giacinto, pugliese orbo, ignorante, laido, gretto, meschino e dispotico, è immigrato in una lercia baraccopoli romana dove vive, in condizioni di miserabile degrado, insieme alla sua numerosa famiglia (moglie, dieci figli e vari parenti parassiti) di cui si sente patriarca assoluto. In un ambiente avido e rude, all'insegna dei più bassi istinti della natura umana, il nostro deve difendersi dalla cerchia famelica dei suoi stessi parenti, che intendono rubargli il milione di lire che gli è stato riconosciuto dallo Stato per la perdita dell'occhio e che lui nasconde gelosamente in un posto segreto. Per fare un dispetto alla moglie arpia, il nostro si porta a casa una grassa prostituta napoletana, obbligando la consorte a farle spazio nel letto matrimoniale dell'improvvisata camera da letto della baracca (in cui i numerosi membri della colorita famiglia dormono tutti insieme!). Infuriata e umiliata la truce donna si accorda con i figli per una terribile vendetta. Crudele commedia di Ettore Scola, che realizza il sul film più spregevole e cattivo, sotto forma di grottesca satira sociale che intende denunciare, con tagliente ferocia ideologica e grafica, l'abominio urbano delle baraccopoli romane (ancora presenti fino all'inizio degli anni '80), luoghi di estrema miseria materiale e morale, offensivi per la dignità umana, nonché ricettacolo di malviventi, sfaccendati e teppisti da strapazzo. L'estrema brutalità visiva, che si esplica in una cinica estetica del brutto e nella costante esibizione di dettagli ripugnanti, è funzionale ad un efferato realismo volto ad accentuare l'enfasi dell'accusa civile propugnata dal regista. La sporcizia pregnante (e non solo materiale) delle ambientazioni, la straordinaria sottigliezza nel disegno dei personaggi sempre in bilico sul filo della macchietta (Nino Manfredi, nei panni del rozzo Giacinto, ci regala forse la più grande interpretazione della sua carriera), l'umorismo amaro di fondo ed un finale di alta poesia tragica, lo rendono uno dei film più audaci e importanti del panorama italiano degli anni '70, che venne omaggiato al 29° Festival di Cannes con l'ambito premio alla regia (Prix de la mise en scène) per il grande Ettore Scola.

Voto:
voto: 4/5

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