venerdì 14 luglio 2017

Mi chiamo Sam (I Am Sam, 2001) di Jessie Nelson

Sam Dawson è un quarantenne ritardato con il quoziente intellettivo di un bambino, ma riesce a cavarsela nel suo lavoro di cameriere in un bar e cerca di essere un padre amorevole per sua figlia Lucy di sette anni, abbandonata dalla madre dopo il parto. Quando gli assistenti sociali cercano di portargli via la bambina per affidarla a una famiglia normale, Sam cerca in tutti i modi di impedirlo, pur con le sue facoltà limitate. Sarà aiutato da una avvocatessa grintosa e nevrotica che prende a cuore il suo caso, apparentemente disperato. Struggente dramma sociale che affronta il delicato problema delle persone handicappate e dei loro diritti ad avere pari opportunità rispetto al mondo dei così detti "normali". Visto il tema e l'ottimo cast ci sarebbero state tutte le premesse per un'opera profonda, caustica e dignitosa, magari capace di dispensare sapienti graffi al sistema sanitario americano o alle strutture preposte alle importanti decisioni sui casi di affidamento di minori. Ma tutto questo non avviene in un film prolisso e superficiale, che imbocca subito la facile via del dramma sentimentale lacrimevole e strappacuore, "ricattando" lo spettatore in termini di compassione e buonismo ed affrontando la dolorosa questione degli handicap con edificante irrealismo, preferendo la favola consolante piuttosto che un'analisi realistica e problematica. Hollywoodiano fino al midollo, è pateticamente irritante per la grossa occasione mancata. Da salvare le buone prove dei tre protagonisti principali (Sean Penn, Michelle Pfeiffer e Dakota Fanning) e la splendida colonna sonora a base di 16 hits dei Beatles (grande passione di Sam), interpretate da diversi cantanti famosi come Sheryl Crow, Eddie Vedder e Ben Harper. Per amanti della lacrima facile e del lieto fine semplicistico che ti fa uscire dal cinema col sorriso sulle labbra. Peccato che poi la realtà sia ben altra cosa.

Voto:
voto: 2,5/5

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