martedì 18 luglio 2017

Broken Flowers (Broken Flowers, 2005) di Jim Jarmusch

Don Johnston, single convinto e playboy impenitente, è stato appena lasciato dalla sua ultima fiamma, Sherry, e ritorna alla quiete solitaria che tanto gli piace. Ma l’arrivo di una strana lettera rosa, da parte di una ex amante anonima, gli scombina la vita: la misteriosa donna sostiene infatti che Don ha un figlio diciannovenne che lui non conosce e che adesso si è messo sulle sue tracce. Incredulo e turbato, il nostro viene spinto dal suo amico Winston, sedicente investigatore privato, a indagare sulla cosa. Facendo mente locale e un po’ di conti, Don parte alla ricerca delle quattro donne che potrebbero aver scritto la lettera. Dramma comico intimista e riflessivo del talentuoso Jim Jarmusch, regista fieramente indipendente e lontano dagli stereotipi di Hollywood. Tra delicate suggestioni ellittiche ed una cura maniacale dei dettagli che diventano pregnanti, spesso sostituendosi ai dialoghi, l’autore mette in scena un malinconico viaggio attraverso un’America diversa e “invisibile”, per tracciare una lucida riflessione sulla solitudine, un elogio del silenzio e la presa d’atto che, tra passato e futuro, conta soltanto il presente. E’ un film semplice, calmo e lineare, modellato sulla recitazione laconica e minimale del protagonista Bill Murray, a cui il regista erige idealmente un “monumento” cinematografico concedendogli tutto lo spazio scenico possibile e sovrapponendo lo stile della pellicola alla sua indolente maschera tragicomica, fatta di silenzi impassibili, di espressioni nostalgiche, di sguardi perfidi. Ma, non di meno, Jarmusch si affida al rosa (colore onnipresente in quasi ogni scena) per erigere una simbolica passerella dove far sfilare tutte le donne di Don, tutte profondamente diverse tra loro e tutte accarezzate con adorante ammirazione dallo sguardo dell’autore. Da citare, in tal senso, le buone prove recitative di Sharon Stone, Jessica Lange, Tilda Swinton e Frances Conroy, senza dimenticare Julie Delpy, Chloë Sevigny e Alexis Dziena, che completano il cast insieme a Jeffrey Wright. Tra sfumata ironia e dolente sarcasmo, l’opera lavora abilmente per sottrazione di emozioni (e di parole), dando ampio risalto ai piccoli particolari scenici, agli ambienti esterni, allo spazio circostante che sembra quasi “muoversi” intorno agli attori (rendendo invisibile il regista), per realizzare un puzzle di immagini che sappia raccontare un’altra faccia dell’America. Quella che tanto piace all’autore. La pellicola fu premiata al Festival di Cannes con il Gran Premio Speciale della Giuria.

Voto:
voto: 4/5

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