Seymour Parrish è un ometto solitario, dall'aspetto anonimo e dai modi gentili, che lavora come tecnico presso un laboratorio di sviluppo fotografico di un grosso centro commerciale. Grazie alla particolarità della sua occupazione e al suo carattere curioso, Parrish è in grado di conoscere gli aspetti privati delle vite dei suoi clienti, da cui è morbosamente attratto. In particolare la famiglia Yorkin è la sua preferita ed il nostro, che nel suo delirio psicotico indotto dalla solitudine se ne sente quasi un membro aggiuntivo, ne ha conservato minuziosamente le copie fotografiche di tutti i momenti di vita importanti, quasi a volerne rubare barlumi di felicità. Ma qualcosa finisce per spezzare il rapporto idilliaco che la mente malata di Parrish ha costruito nella sua fantasia deviata ed egli decide di intervenire personalmente nell'esistenza dell'ignara famiglia. Inquietante thriller psicologico di Mark Romanek, costruito sulla memorabile interpretazione di Robin Williams, che tratteggia un formidabile cattivo dalla calma glaciale destinato a rimanere impresso nell'immaginario collettivo, e sulla paura ancestrale del male che potrebbe annidarsi nell'affabile vicino della porta accanto (una delle fobie più diffuse della civiltà occidentale). Lavorando per sottrazione di emozioni, Williams costruisce un villain realmente agghiacciante, rivelando appena, attraverso lampi sinistri nel suo sguardo algido, abissi di cupa disperazione e di rabbia repressa, la cui continua implosione è sfociata nella psicopatia. Eccellente anche la resa visiva del mondo di Parrish: i grandi spazi asettici del centro commerciale, gli interni al neon del laboratorio fotografico e le stanze tristi della sua squallida casa-prigione, sulle cui pareti spiccano i colori artificiali dei frammenti rubati di vite altrui, di cui il nostro si nutre avidamente come un vampiro che cerca di succhiare idealmente sorsi di energia cromatica, per trasferirli alla sua grigia esistenza priva di toni. Il resto del cast, che annovera Connie Nielsen, Michael Vartan, Andrew A. Rolfes e Erin Daniels, viene inevitabilmente messo fuori gioco dalla titanica performance di Williams, clamorosamente snobbato dall'Academy Awards. Questo film amaramente nitido e dallo stile secco, che riflette su temi importanti come la solitudine interiore in una società iper-affollata o l'ira silente dei tanti meschini posti ai margini della felicità esibita dai così detti "normali", è, al tempo stesso, un'istantanea di minaccioso realismo ed un sinistro monito verso le tante relazioni superficiali giornaliere. D'altra parte fa molta più paura l'orrore nascosto nella banalità del quotidiano che gli improbabili mostri paranormali partoriti da fervide fantasie di scrittori horror.
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