mercoledì 26 luglio 2017

Histoire d'O (Histoire d'O, 1975) di Just Jaeckin

La bellissima "O", giovane fotografa sessualmente curiosa, è innamorata a tal punto del perverso René da assecondare ogni sua possibile richiesta erotica. Condotta nel castello di Roissy, la donna si fa trattare come una schiava, si concede liberamente ad altri uomini e dona completamente il suo corpo come mero oggetto di piacere dell'amante di turno. Il "gioco" libidinoso si spinge sempre più oltre tra umiliazioni, frustate, sodomizzazioni, rapporti saffici e ogni sorta di rituale sadomaso. Scoprendo un inaspettato piacere in questa totale violazione psicofisica, "O" si sente finalmente realizzata, fino a quando finisce nelle mani di un nuovo "padrone" ancora più sadico, il nobile britannico sir Stephen, che la inizia a nuove pratiche estreme, marchiandola a fuoco e applicandole dei piercing nelle zone intime. Colpito dalla sua totale sottomissione il brutale Stephen si innamora di lei e decide di invertire il gioco, concedendosi alle ritorsioni della donna. Celebre cult del genere erotico anni '70, tratto dallo scandaloso romanzo omonimo di Pauline Réage, è un film morbosamente voyeuristico per guardoni impenitenti, misogino con petulanza e dalla confezione formale patinata, che ne sottolinea la dimensione di becero spot dell'erotismo degenere e della donna oggetto. Quello che fa riflettere è che l'ultimo concetto è ancora implicitamente valido e unanimemente accettato come cardine della moderna pubblicità commerciale. La cieca obbedienza servile di "O" diventa l'olocausto della dignità femminile e il tripudio di un greve maschilismo che probabilmente non morirà mai. La sensualità è inesistente, la storia è di una monotonia irritante e tutto si riduce ad una noiosa giostra di immagini forti alla ricerca di una turpe carnalità effettistica. Fu un grande successo commerciale in Francia, mentre in Italia fu accolto con maggiore freddezza. Tagliuzzato dalla censura di almeno 12 minuti, in particolar modo nell'edizione italiana, è oggi disponibile in versione integrale nell'edizione home video francese, per chi fosse interessato. La protagonista Corinne Cléry è di una bellezza morbida, voluttuosa e disarmante, e questo controverso personaggio ne segnerà per sempre la carriera cinematografica, proprio come un marchio incandescente inflitto sulla carne. Il ruolo di sir Stephen (interpretato da Anthony Steel) fu inizialmente affidato a Christopher Lee, che però rifiutò, ritenendolo troppo estremo persino per una carriera densa di cattivi come la sua. Il film ha avuto tre orripilanti seguiti sempre più sessualmente patologici, nel primo dei quali c'è Klaus Kinski nei panni di Stephen. E figuriamoci se il "folle" Klaus si poteva perdere un personaggio del genere! Invece la Cléry scelse saggiamente di non tornare più nei (pochi) panni di "O", schiava del sesso immolata sull'altare dell'arroganza fallocratica.

Voto:
voto: 1,5/5

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